16/04/2015 13:57
GASPORT (M. CECCHINI) - A questo punto è anche la tempistica a dichiararlo. Proprio nella settimana in cui la Lazio ha operato il sorpasso, proprio quando lo zoccolo becero del tifo invita il pubblico a non andare allo stadio domenica prossima, proprio nel giorno in cui il club ha aperto la campagna abbonamenti, James Pallotta dichiara guerra agli ultrà della Roma. Una guerra senza quartiere e «sporca» anche nei termini, proprio per farsi capire chiaramente anche dai poco oxfordiani destinatari del messaggio, alcuni dei quali hanno anche ringhiato nel corso della lunga chat serale concessa ieri. Ma al numero uno giallorosso non è mancata l’ironia per replicare a tutti. «Vaffanculo e torna a casa, stupido», gli è stato persino scritto. Al che lui ha risposto: «Devo supporre che questo sarà il prossimo striscione? Quelli di Trigoria sono interessanti, ma mia madre mi chiama in modo molto peggiore». Come dire, non saranno queste cose a fermarmi.
CAMBIARE Ovvio che tanti tifosi perbene della Sud siano rimasti delusi dal fatto che il presidente abbia deciso di non fare ricorso – nonostante gli estremi legali ci fossero – alla sanzione del giudice sportivo che ha chiuso la curva in seguito agli striscioni contro la mamma di Ciro Esposito e ai cori di «discriminazione territoriale», ma Pallotta è stato chiaro. «Ne abbiamo discusso a porte chiuse e abbiamo deciso di non fare ricorso. Vogliamo provare a cambiare la cultura e sbarazzarci di quelle persone che non si comportano da veri tifosi e portano avanti i loro interessi personali». Un concetto che echeggia quello già espresso un anno fa dopo lo sciopero del tifo in occasione di JuveRoma. «Certo, l’Italia non è il Paese peggiore riguardo alla violenza ma, detto questo, dovremmo avere tolleranza zero e solo insieme potremo arrivarci». Quasi una richiesta di aiuto alla parte sana del pubblico romanista – la stragrande maggioranza – per iniziare a chiarire il messaggio finale che arriva da Trigoria: tutti coloro che useranno la visibilità mediatica della Roma per commettere violenze o trasmettere messaggi impropri con cori o striscioni (dal razzismo alla discriminazione territoriale, dalla politica al costume) saranno considerati tifosi non graditi. E per questo Pallotta aggiunge: «Io ho sempre preso le difese dei tifosi della Roma, a Roma, in Italia e in ogni angolo del mondo. Ma voglio farlo per i veri tifosi, che sono la gran parte. I supporter veri possono criticare, ma non smettono mai di sostenere la squadra. Non fanno commenti razzisti e non generano situazioni violente. Non tirano merda sui giocatori (“don’t shit on players”) che ci stanno provando. Non creano tensioni che si ripercuotono sull’ambiente. Per questo non possiamo essere tutti penalizzati per le azioni di pochi».
BASTA GOGNE PUBBLICHE L’impressione è che Pallotta abbia preso profondamente coscienza solo negli ultimi tempi di un certo tipo di realtà. A febbraio, ad esempio, spiegava come tutti i tifosi con cui aveva a che fare erano felici e d’altronde, pur con lo scudetto più lontano, era logico che non capisse come una squadra mai scesa sotto il secondo posto potesse essere contestata, arrivando a pensare che tutto fosse solo un’amplificazione mediatica. Invece la realtà era diversa e resa esplicita dalla gogna pubblica riservata dagli ultrà alla squadra dopo l’eliminazione in Europa League da parte della Fiorentina. «Negli ultimi mesi un ristretto gruppo di tifosi ha insultato i giocatori, chiamandoli sotto la curva e dicendo loro che non meritano la maglia della Roma. Mi riferisco alla partita con la Fiorentina. Era un piccolo gruppo, ma sempre di (tirare) merda (“shit on”) si tratta». Messaggio chiaro, che il tweet ufficiale del club, invece che parlare di «shit», traduce con il più elegante «insulti». In ogni caso, lontani anni luce dalla poco felice espressione «capricci fra innamorati», evocata da Garcia nella conferenza prima del match col Torino.
TUTTO PER LA SQUADRA D’altronde, il pensiero di Pallotta resta per la Roma nel suo complesso. Infatti, anche se non è «soddisfatto della stagione», conferma Garcia e si dimostra ottimista sia per l’approdo in Champions che per il futuro vincente del club. Ma è chiaro che la squadra debba essere tutelata. «Credo che sia dura per i giocatori che provano a fare del loro meglio e vengono criticati, anche se solo da una minoranza. È una cosa che condiziona mentalmente. Perciò abbiamo bisogno che tutti i tifosi appoggino i nostri giocatori in questo testa a testa per il secondo posto». C’è bisogno dei tifosi veri. Di tutti gli altri che usano lo stadio per i loro interessi o per sfogare patologie private, da ora in poi la Roma non ne ha più bisogno. Mai più.