22/04/2015 14:05
GASPORT (L. DI BARTOLOMEI) - Il calcio è un meraviglioso fenomeno sociale in cui le collettività si riflettono perfettamente: è uno specchio dei problemi del nostro Paese, ma può essere anche un fantastico strumento di promozione valoriale. Quanto avvenuto in meno di un mese a Bergamo, Varese, Cagliari e a Roma può essere analizzato come una serie di singoli episodi oppure letto in sequenza, come parte di un fenomeno complesso che si ripete da tempo in tanti altri stadi (di prima grandezza o delle serie minori), in tanti altri sport (non per forza visibili come il calcio).
QUESTIONE EDUCATIVA - E devo osservare che nella lotta contro questa violenza noi stiamo perdendo. Stiamo giocando in difesa sull’unico terreno sul quale non possiamo permetterci di arretrare: quello dell’educazione, del senso civico, della cultura. È nella stessa povertà culturale e interessata ignoranza in cui nascono gli striscioni, che vedono la luce gli assalti ai ritiri e agli allenamenti: in quello stesso brodo indistinto che scambia la forza con la prepotenza e l’onore con la vendetta e l’omertà che nascono la caccia al rom, le aggressioni omofobe o le frasi che inneggiano agli affondamenti dei barconi carichi di disperati. In quello stesso minestrone che si chiedono a dei genitori abbagliati dal fascino della carriera per il figlio i soldi per provini.
POLITICA IN SENSO ALTO - La questione è a mio modo di vedere strettamente politica a patto di intendersi sul significato della parola. Qui infatti non si dibatte di destra o di sinistra ma della possibilità di un gruppo maggioritario (i tifosi sani, gli amanti del calcio e dello sport) di giungere ad ottenere una consapevolezza di sé e del valore della loro passione e del loro impegno tale da arrivare a difenderlo da chi (gli pseudo tifosi, che usano la passione di tanti per lucrare consenso ed altre utilità) vuole impadronirsene.
LE CONNIVENZE - Occorre però che quella maggioranza – che va valorizzata e non criminalizzata, che non va tenuta fuori dallo stadio per colpa di pochi fottuti idioti – prosegua nel prendere coscienza di sé e si dissoci, come avvenuto in questi giorni, con gesti o azioni. In questo senso però va anche stigmatizzato il comportamento di chi (e sono ancora tanti, troppi) resta in silenzio, di chi gira lo sguardo dall’altra parte, dei presidenti che fischiettano o ritirano le querele, dei giornalisti sempre pronti a chiamare in radio o in tv l’amico di questi criminali per giustificarli. Prima delle Istituzioni, prima delle Federazioni e delle Leghe, prima delle società infatti c’è bisogno che noi tifosi ci prendiamo l’onere di fare pulizia fra chi si è infiltrato tra di noi con altri intenti. Per difendere la nostra passione, la nostra società e i figli che sono il nostro futuro dobbiamo iniziare a difendere ad ogni livello lo sport che amiamo.