21/05/2015 15:53
LA REPUBBLICA (G. BALESTRERI/G. PONS) - Sarà solo una coincidenza ma proprio quando gli accordi di un anno fa tra Mediaset, Sky e Lega Calcio sulla spartizione dei diritti tv delle partite di Serie A tornano improvvisamente sul banco degli imputati, sullo sfondo cominciano a delinearsi i contorni di un grande inciucio in grado di far convergere in breve tempo gli interessi dei due tycoon televisivi, Silvio Berlusconi e Rupert Murdoch. I quali solo fino a poco tempo fa si davano battaglia per strapparsi i clienti mentre ora stanno trattando un accordo societario tra Mediaset Premium e Sky a cui sta lavorando ufficialmente Mediobanca, assoldata dal fronte Murdoch. L’intesa sembra ancora lontana poiché i figli di Berlusconi non ci stanno a mollare gli incarichi operativi affidando il timone agli uomini della Fox. Ma forse è solo questione di tempo. Nel frattempo, dai fronti opposti si cerca di dare un senso alle trattative di un anno fa oggi finite sotto i riflettori. Dal quartier generale di Sky a Milano, l’amministratore delegato della filiale italiana Andrea Zappia ripone piena fiducia nell’Antitrust e ricorda che quello con Mediaset fu «un accordo legittimo, anche se assai più penalizzante per il nostro business rispetto al risultato emerso all’apertura delle buste». Lo scorso anno la Lega Calcio decise di assegnare i diritti tv per il triennio 2015-18. L’intesa fu avallata dall’Antitrust — che allora non rilevò un accordo distorsivo della concorrenza (ma sul quale oggi cerca di far luce) — e dall’Agcom che, sebbene legittima, la pay tv di Rupert Murdoch sente di aver subito: «Le nostre offerte per i pacchetti A e B (quelli con le migliori squadre su digitale e satellite che garantiscono circa l’86% dello share, ndr) — dice Zappia — erano quelle vincenti ai sensi del bando. Nulla vietava di aggiudicarsi il meglio della Serie A: la legge Melandri vieta che un singolo operatore ottenga tutti i diritti di trasmissione». Un caso che non si sarebbe verificato perché la Lega avrebbe poi dovuto vendere ancora il lotto D con le altre squadre. Non solo. Come rileva l’Antitrust nella propria istruttoria, il mercato rilevante dei diritti sportivi comprende oltre ai campionati nazionali anche la Champions League, in esclusiva proprio a Mediaset per lo stesso periodo. Un dettaglio che lo scorso anno l’advisor della Lega Calcio decise di non considerare.
A questo punto, però, sorge spontanea la domanda: se Sky si sentiva penalizzata da quella procedura perché non fece causa per far valere le proprie ragioni? Probabilmente perché mancavano i tempi tecnici. La Lega decide la spartizione dei diritti a fine giugno e il 25 luglio, BSkyB, controllata al 39% da Rupert Murdoch, aveva in programma di riunire sotto un unico cappello le attività di Italia, Germania e Gran Bretagna. Per Sky Italia sarebbe stato complicato spiegare agli investitori internazionali la situazione del mercato italiano, soprattutto alla luce degli investimenti sostenuti nel mondo del calcio nel corso degli anni. Un concetto che James Murdoch e Zappia espressero anche al premier Matteo Renzi ricordandogli che per una multinazionale che ha investito nel paese 16 miliardi dal 2003, la certezza del diritto è più importante della riforma del lavoro. Il governo a quel punto non intervenne sulla partita dei diritti, ma prese coscienza del fatto che in Italia non c’è spazio per due piattaforme a pagamento distinte come Sky e Mediaset Premium e che, anzi, la nascita di una sola realtà avrebbe riflessi industriali positivi. Da qui potrebbero essere nate le sollecitazioni a far dialogare Berlusconi e Murdoch per unire le forze invece che svenarsi a colpi di offerte miliardarie, con l’imprenditore franco tunisino Tarak Ben Ammar, storico amico di entrambi, nel ruolo di grande mediatore. L’obbiettivo non è ancora raggiunto ma gli eventi incalzano: la Champions League strapagata da Mediaset è un costo non sopportabile con meno di due milioni di abbonati. E l’arrivo di Netflix previsto per la fine dell’anno fa paura a tutti.