11/05/2015 14:03
GASPORT (A. PUGLIESE) - Le sue espressioni prima un po’ seccate, poi quasi malinconiche hanno fatto il giro di tutte le tv. Poi San Siro ha avuto i suoi 20 minuti, e niente affatto banali. In quel lasso di tempo la Roma – dopo il quasi nulla – anche grazie a Francesco Totti si è ritrovata, col capitano che ha toccato 19 palloni (Doumbia 22 in 90’ e Ibarbo 13 in 59’), creato due occasioni da gol (tranne Florenzi, nessuno ne è stato capace) e trasformato un rigore. Venti minuti in cui Totti ha dimostrato che in una Roma in questo momento così povera di gioco, idee, risorse e qualità può starci anche lui, soprattutto se si gioca a ritmi quasi dopolavoristici.
BOMBER Eppure Totti contro il Milan è stata la sesta scelta di Garcia, dopo che il francese aveva deciso di schierare il tridente nero (Gervinho, Doumbia e Ibarbo), affidandosi poi in corsa prima a Ljajic, poi ad Iturbe. Alla fine, sul 20, Garcia si è reso conto che una squadra senza gioco poteva ancora avere bisogno di un vecchio ragazzo di 38 anni che per la prima volta in carriera da quando è diventato leader della squadra, era rimasto seduto in panchina per tre gare consecutive di campionato solo per scelta tecnica. Il miracolo a Totti non è riuscito, ma con lui qualcosa si è visto: il lancio per Florenzi, l’apertura per Ljajic, lo stop in corsa accarezzando la palla. Per certi versi, quasi un manuale scolastico per gli altri. Tutto questo, poi, ha contribuito a dividere di nuovo i tifosi sulla sua utilità in campo dall’inizio. Morale: Totti non vuole essere «un problema» e non può essere più nemmeno il salvatore della patria. Ma i numeri dicono che con 7 gol, è il secondo cannoniere della Roma in campionato dopo Ljajic. Quanto basta per giustificare la sua voglia di spazio. E se questo per Garcia sia una possibilità o un problema in più, non è ancora chiaro.