30/06/2015 14:01
GASPORT (A. CATAPANO) - Raccontano che nell’ultimo Consiglio federale, sul tema rapporti calciatori-ultrà, Carlo Tavecchio, per accontentare l’Aic, abbia fatto arrabbiare Claudio Lotito che voleva sanzionare le gogne sotto le curve solo con un’ammenda. Pare che il presidente della Lazio abbia fatto fuoco e fiamme, senza riuscire a convincere il presidente. Raccontano pure che non sia stata la prima volta e che non da qualche giorno, ma da mesi, Tavecchio sia riuscito a «contenere» il ruolo di Lotito. Senza consumare strappi, ma con molto buon senso, il presidente lo ha in qualche modo ridimensionato, rendendolo un consigliere federale quasi come gli altri. Ha lavorato molto sulla forma, tagliando alcuni eccessi superflui — avete mai più visto Lotito con la tuta azzurra al seguito della Nazionale? —, consigliandogli un profilo più basso. Ha provato a togliergli anche un po’ di sostanza, ma con risultati contrastanti: ha avuto coraggio a sottrargli la delega alle riforme del calcio mettendola, di fatto, nelle disponibilità dell’intero consiglio federale; ne ha avuto meno nella vicenda della deroga, da cui è uscito malconcio.
LARGHE INTESE Ma è stato l’ultimo inciampo. Da allora, gli va riconosciuto, Tavecchio si è progressivamente scrollato di dosso l’ombra ingombrante di Lotito (e di Macalli), scegliendo la politica delle larghe intese, cercando sempre il più ampio consenso, o comunque di allargare la sua maggioranza, in modo da ridurre il «peso» del presidente della Lazio, almeno nelle decisioni chiave prese fino a questo punto della sua gestione. È accaduto per le nuove norme su licenze e acquisizioni dei club, per quelle sulla fruibilità degli stadi, accadrà per l’attesissima riforma dei campionati, in cui Tavecchio, non riuscendo a mettere d’accordo le leghe, andrà a caccia del consenso delle componenti, giocatori e allenatori, mettendo sul piatto la disponibilità a trattare su vincolo sportivo, soldi ai nazionali e fondo di garanzia.
IN ATTESA Che non significa, badate bene, aver rinunciato al contributo politico ed economico-finanziario di Lotito, che resta prezioso (non solo per Tavecchio, glielo riconoscono in tanti), ma solo di avergli messo qualche paletto. Senza dimenticare che è stato uno dei suoi grandi elettori, ma oggi Tavecchio si sente a tutti gli effetti un indipendente. E quindi, in piena autonomia, il presidente federale aspetta gli eventi e deciderà se intervenire o meno su Lotito, qualora da Catania, Napoli o da via Campania, dove ha sede la Procura federale, nei prossimi giorni dovessero arrivare richieste di provvedimenti forti nei confronti del presidente della Lazio. Quanto forti? È tutto da stabilire. Forte potrebbe essere un rinvio a giudizio per tentata estorsione (Napoli), o un deferimento «pesante» di Palazzi, quando il procuratore avrà terminato di analizzare il migliaio di pagine trasmessogli dalla procura partenopea, che lo ha costretto a ricominciare daccapo. In questi casi, sarebbe lo stesso Tavecchio a chiedere un passo indietro a Lotito, prima che un’eventuale inibizione lo facesse decadere da consigliere federale. Un’ipotesi, però, ancora lontana. E difficilmente il materiale in arrivo da Catania la avvicinerà.