10/06/2015 15:44
IL FATTO QUOTIDIANO (I. VENDEMIALE) - Cinque milioni per giocare in Serie A, un milione e 200 mila euro per la Serie B, 600 mila euro per la Lega Pro. È il tariffario che ha in mente la Figc per i ripescaggi: dal prossimo anno l’iscrizione al campionato si compra. L’idea circola per i corridoi del palazzo di via Allegri da qualche settimana e fa discutere: se n’è parlato nell’ultimo consiglio federale di maggio, se ne riparlerà a giugno per prendere una decisione. Il tempo stringe perché quella dei ripescaggi è da sempre una questione ingarbugliata. La normativa in vigore prevede una graduatoria stilata su criteri compositi: la classifica dell’ulti ma stagione incide per il 50%, l’altra metà è data da tradizione sportiva e media spettatori (a cui va aggiunto il rispetto di vari paletti in materia di strutture, illeciti e stabilità finanziaria). L’ultima assemblea federale ha confermato queste norme, stabilendo il divieto di deroghe (che invece talvolta vengono concesse nelle normali procedure d’iscrizione).
Sono almeno 20 club che non hanno la certezza di iscriversi. Alcuni ce la faranno, altri no. Di certo si liberanno dei posti, Dal 2013 sono spariti in 15 ulteriori criteri finanziari: una fideiussione (dall’importo rispettivamente di 600 mila, 800 mila e due milioni di euro), a garanzia della tenuta del club. E soprattutto un versamento a fondo perduto nelle casse della Federazione. Soldi che dovrebbero finire in un deposito previdenziale per i calciatori vittima di fallimenti delle società. Un fine nobile, insomma, che però rischia di trasformarsi in una specie di “simonia” delle iscrizioni. Il problema dovrebbe riguardare soprattutto la Lega Pro. L’iscrizione alla Serie A, infatti, dal punto di vista economico porta in dote decine di milioni di euro di diritti tv, che compensano ampiamente l’esborso. E in ogni caso non dovrebbero esserci caselle da colmare nell’organico del torneo. In Serie B c’è da sciogliere solo il nodo del Parma. Mentre la composizione dei tre gironi della terza divisione è ancora in alto mare. Alcune squadre sono già fallite, in totale sono almeno venti quelle che non hanno la certezza di esserci l’anno venturo, tra difficoltà finanziarie e gli imprevedibili sviluppi dell’inchiesta sul calcioscommesse.
Alcune ce la faranno, altre no. Di certo si liberanno dei posti, visto che solo dal 2013 sono spariti 15 club. E, a botte di 600 mila euro a società, la Federcalcio darebbe vita ad un business milionario. Ammesso che trovi qualcuno in grado di pagare quella cifra. La Lega Pro e le società sono in rivolta. “I nostri club non ce li hanno tutti questi soldi”, spiega Archimede Pitrolo, vicepresidente della Lega. “Avevamo proposto un versamento di 200 mila euro. E poi di dare le risorse non alla Figc ma alla Lega, così che almeno restassero all’inter no del torneo. Invece in consiglio sono usciti altri numeri”. Opinione condivisa dai presidenti. Il Taranto, una delle piazze più grandi in ballo, è impegnato in questi giorni nei playoff Dilettanti: sarebbe in prima fila per un eventuale ripescaggio ma non sa se potrà permetterselo. “A prescindere dalla disponibilità, il concetto del fondo perduto è inaccettabile”, spiega il presidente Domenico Campitiello. Per questo i rossublù ora preferiscono concentrarsi sul campo. Mauro Lovisa, patron del Pordenone retrocesso ai playout con la speranza di confermare la categoria, mette in discussione proprio il principio sancito dalla Figc: “Così il risultato e il me- rito vanno a farsi benedire. Perché dovrei dare alla Federazione i soldi con cui posso fare una stagione?”. La motivazione ufficiale (quella di garantire la stabilità economica) a suo dire non sta in piedi: “Negli ultimi anni sono state fatte fideiussioni e versamenti da società che poi durante la stagione non pagavano gli stipendi. Ci chiedono soldi, ma poi non fanno controlli veri. Questo non è serio e neanche giusto”.
Adesso si attende di capire cosa farà la Figc. La Lega Pro sta lavorando per abbassare la cifra, in uno sconto sperano tutti i presidenti (e sono molti in giro per l’Italia) interessati al ripescaggio. Compreso Lovisa. Ma se il versamento richiesto rimanesse di 600 mila euro lui, ad esempio, lo pagherebbe? “Diffi cile, sono tanti soldi. Dispiace perché la città e la società vorrebbero, abbiamo strutture giovanili importanti e ci piacerebbe portare i nostri ragazzi ai campionati nazionali. Ma tutto ha un limite”, conclude il patron. Se non sarà il Pordenone, probabilmente si troverà qualcun altro. Giocare fra i professionisti fa gola, anche in tempo di crisi. Ma a farlo sarà chi potrà permetterselo. E non chi l’avrebbe meritato sul campo.