06/07/2015 13:31
IL TEMPO (E. MENGHI) - «Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano», è il motto preferito di Maurizio Brecevich, che non a caso fa l’osteopata. Ha lavorato con la Roma per 6 lunghi anni (più 2 da consulente esterno), ma lo scorso 30 giugno gli è stato dato il benservito. E per una volta le mani riposano, mentre la bocca ha qualcosa da dire.
Come vi siete lasciati?
«Ogni anno la storia è stata la stessa: il contratto scadeva, seguiva un po’ di silenzio che sinceramente non ho mai capito, e mi richiamavano verso settembre. È stato così lo scorso anno, in America c’era un altro osteopata, poi è squillato il telefono. A volte rientravo nello staff, altre no, ma stavo sempre con loro».
La scorsa stagione c’era la fila di giocatori da lei.
«Sì (ride, ndc), superavo i 2-3 giorni di lavoro prestabiliti».
La Roma, però, l’ha sostituita con Martinelli: è in buone mani?
«L’ho introdotto io in questo lavoro. Si può dire che è un mio allievo».
Il «maestro» saluta dopo 6 anni: chi l’aveva voluta al Bernardini?
«Sono arrivato nel 2009, ma già da 2 anni i giocatori "scappavano" da Trigoria e venivano al mio studio. I risultati si vedevano, perciò Spalletti, la famiglia Sensi e Pradè hanno bussato alla mia porta».
Poi si è rotto qualcosa?
«Non so cosa sia successo, è molto strano. Come professionista un po’ mi dispiace».
Colpa dei tanti casi medici, a partire da Strootman?
«La medicina non è matematica. L’infortunio di Kevin è stato gestito all’estero, io ne so poco. I calciatori sono liberi di rivolgersi a chi vogliono, dispiace forse che pur avendo ottimi professionisti qui qualcuno vada a casa propria a curarsi».
Totti l’ha ringraziata nel 2009 perché l’ha aiutato dopo l’operazione: è il suo vanto?
«Lui è il vanto di tutta Roma».
Si è occupato lei del mal di schiena di Doumbia?
«L’ho visto una volta, poi è sparito. Dicevano che stava male, poi sono subentrate altre situazioni».
Cioè?
«Dico solo che, a parte Doumbia e Balzaretti, il resto della squadra stava in piedi. Ero il famoso «Mister X» di cui parlavano alle radio: io lavoravo e altri si prendevano i meriti. I giocatori importanti hanno fatto bene, anche i più grandicelli come Totti. E il secondo posto non mi sembra un traguardo da disprezzare».
Cosa non ha funzionato, allora?
«La fortuna».
Con Garcia è filato tutto liscio?
«Il nostro rapporto è sempre stato buono, lui era molto presente ed è giusto così».
Zeman?
«Parlava poco, ma il lavoro sul campo si vedeva. Mi chiamava il "mago della caviglia"».
Quest’anno quella di Pjanic le ha dato un gran da fare.
«Sì, ma se non si opera è perché ha recuperato. Ripeto: i giocatori più importanti li abbiamo messi in campo».