LA REPUBBLICA (E. SISTI) -
È nata ufficialmente la Roma di Dzeko, una squadra nuova, compatta, coraggiosa, capace di negare di essere mai stata a Verona e di ruggire per 80 minuti contro l’imitazione mal riuscita della finalista dell’ultima Champions. Quel Chiellini che si aggrappa impotente al bosniaco prima della consegna delle armi simboleggia il vano tentativo della sua Juve di arginare uno strapotere fisico e tattico, imprevisto e subito nel peggiore dei modi. Essendo incapace di imitarne la voglia, non avendo soluzioni umane per pareggiarne le qualità, la “provinciale” Juventus ha lasciato alla Roma il pennello per dipingere la storia della partita e rimane a zero punti dopo aver sperato a lungo di congelare lo 0-0 (e nel finale di arrampicarsi sul 2-2).
Roma alta a disturbare tre contro tre la difesa juventina quando imposta,
Dzeko è l’anima avanzata del progetto giallorosso, tocca un mare di palloni. La Juve è aggredita, non ha tempo di dedicarsi a Szczesny: è una nobile impaurita. Bonucci invita i suoi a rallentare, c’è poco altro da fare. A sinistra, dalla parte di Caceres, la Roma sfonda sempre. La banda Allegri è priva di un “centro operativo”, non si capisce dove possa annidarsi il motore creativo, forse non c’è, non si capisce se l’elettricista potrà mai accendere la luce, ma forse non l’hanno portato. Pogba è di un’imprecisione epocale. Pjanic coglie il palo da fuori area a Buffon battuto (24’). I timori juventini diventano tremori. Povertà strategica e inedite morbidezze al contatto (Padoin perde tutti i body check con Pjanic; Dybala è “moscio”, di testa Mandzukic non ne piglia una) peggiorano la condizione psicologica dei Senza Pirlo. Finisce il primo tempo. Alla Roma è mancato il gol, alla Juventus quasi tutto però, grazie al palo, almeno non è sotto.