25/08/2015 13:36
IL TEMPO (E. MENGHI) - Il campionato non era ancora cominciato e già si parlava di tifosi. Loro, invece, preferiscono il silenzio, come forma di protesta. A fine giugno il prefetto di Roma Franco Gabrielli, in accordo con il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, ha deciso di frazionare le curve dell’Olimpico, creare barriere umane (con gli steward) in attesa di quelle in plexiglass (pronte probabilmente a metà settembre), per «evitare il ripetersi di una serie di comportamenti delle tifoserie, capaci di mettere a repentaglio il regolare svolgimento delle partite e l'incolumità degli spettatori».
La reazione non si è fatta attendere. Prima si è esposta la parte laziale sulle «nuove ed assurde disposizioni anti-violenza, che allontanano ancora di più la gente dallo stadio e uniscono (un’impresa) i tifosi della Roma e della Lazio, almeno dal punto di vista del pensiero». Conseguenza: sciopero della Nord all’esordio contro il Bologna e tentato agguato al pullman dei supporter rossoblu. La Sud si è esposta ieri, a 6 giorni da un tesissimo Roma-Juventus: «Saremo al nostro posto, ma in silenzio. In curva non ci sarà tifo, non ci saranno bandiere che sventoleranno, né cori, né colori e né stendardi. Questa è la nostra risposta ad un sistema che ci ha dichiarato guerra. Uniti possiamo vincere anche questa ennesima battaglia».
Dopo quella per l’odiata Tessera del Tifoso, aggirata dalla società giallorossa che si è «inventata» la card casalinga e quella da trasferta in modo legale ed innovativo. Nel lungo messaggio diffuso sul web dal fulcro del tifo romanista vengono coinvolti anche il presidente Pallotta e il dg Baldissoni, «responsabili e complici di quello che sta accadendo», e naturalmente il prefetto Gabrielli, di cui vengono chieste le dimissioni «immediate ed irrevocabili per insufficienza di neuroni nel suo piccolo cervello».
Dichiarazioni forti, ma in linea con i precedenti comunicati. Già due settimane fa i giallorossi scrivevano: «Vogliono annientare la Sud e la Roma non ci tutela. Pallotta ha cambiato il nostro simbolo e ci ha chiamati fottuti idioti senza conoscere le nostre ragioni. Ma dov’era quando ci hanno sequestrato a Napoli o quando a Rotterdam anziché allo stadio ci hanno accompagnato in questura? Noi andiamo avanti, non piegheremo le nostre bandiere».
Di nuovo, stavolta, c’è l’attacco ad Adriano Lauro, dirigente del Commissariato Prati, che «a Roma-Siviglia dava ordine ai suoi sgherri e in prima persona sbraitava e minacciava dentro la curva. Lauro è colui che nel luglio del 2001 era il responsabile della Polizia di Piazza Alimonda a Genoa quando morì Carlo Giuliani, lo stesso che in tribunale dovrà rimangiarsi le parole di fronte ai giudici in un silenzio imbarazzante, per aver dato falsa testimonianza dei fatti accaduti intorno alla morte del ragazzo».
Da domani fino a domenica, giorno della partita con la Juve per cui sono annunciati 50 mila spettatori (venduti finora 23 mila biglietti, altri 23 mila sono gli abbonati), sono in programma una serie di tavoli tecnici per organizzare l’ordine pubblico, anche se le telefonate sono già iniziate e i contatti del GOS con il club di Trigoria sono continui. La Roma ha preso atto del comunicato, l’Osservatorio anche e non è preoccupato, bensì determinato nel proseguire le opere di legalizzazione delle curve: i comportamenti accettati in passato, come la scrittura degli striscioni all’interno dello stadio (senza quindi passare per i controlli), non saranno più tollerati. Insomma, il forfait della Nord e il silenzio della Sud non allargano, almeno per ora, le sbarre della gabbia.