09/08/2015 15:10
IL MESSAGGERO (S. BAROCCI) - «Passiamo da Totti a Ciccio Cordova». La nonchalance di Salvatore Buzzi nel saltare da un appalto all’altro, da una conoscenza all’altra, è stupefacente. Il racconto che offre ai magistrati che indagano su Mafia Capitale, per quanto tutto da verificare, offre talvolta spunti quasi comici. Non fosse per il fatto che parla di gare truccate o di “favori” elargiti all’insegna dell’incolpevole «così fan tutti», si resta meravigliati che il ras delle coop possa riferire di essersi imbattuto, in un sol colpo, negli affari di due fuoriclasse del calcio. Due capitani della Roma, per giunta. Il primo, Francesco Totti, avrebbe seguito il consiglio dell’amico Luca Odevaine acquistando un palazzo a Torremaura poi affittato al Comune. Con Ciccio Cordova, invece, Buzzi si trova a trattare per l’appalto del Centro per i rifugiati e i richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto. Per scippare alla concorrente Gepsa la gestione del Cara, la coop di Buzzi fa un prezzo al ribasso: 21 euro a migrante per un appalto da 6milioni di euro. La struttura, per 600 migranti, è però stracolma e il socio in affari di Carminati si rende conto ben presto di non avere lo spazio per installare una cucina. «Eravamo costretti a rivolgerci alla mensa che lavorava per l’Inail e che utilizzava anche una parte dei locali del Cara. Era la mensa gestita da Cordova, che aveva vinto questo appalto con l’Inail in tempi lontani, però quando arrivano gli immigrati fa 13 al totocalcio, perché un conto è che fai dàmagnà per 100 impiegati..».
LA PROPOSTA «E quindi noi ci trovammo a combatte con Cordova. Ciccio Cordova - racconta Buzzi al pm Paolo Ielo e al procuratore aggiunto Michele Prestipino - ce dice: “a me fate come ve pare, so' 600 immigrati, so' 500, so' 800, a me me dovete dà 130.000 euro al mese" e noi cominciammo questa lunga trattativa con Ciccio Cordova e coi 130.000 euro al mese. Perché gli servivano per le spese, per le cose...poi ovviamente nella mensa ci lavoravano tutte le dipendenti del teritorio...noi non potevamo cede a 'sta cifra, 130, perché per noi diventava antieconomico con i 21 euro». Il ras delle coop prova a mettere in mezzo Giuseppe Ietto, amico di Carminati. Il Nero tenta di convincere l’imprenditore calabrese ad investire nelle cucine del Cara. Nulla da fare. «Ietto è pauroso. Alla fine siamo costretti a fare l'accordo con Ciccio Cordova e noi che pagavamo i nostri pasti a sei euro siamo costretti a pagarli 7,50 euro o 8 euro per raggiungere i famosi 130.000 euro al mese che gli servivano per vivere». La Gepsa, però, fa ricorso al Tar, che sospende il tutto per inefficacia del contratto. Buzzi e Carminati non si perdono d’animo. E tentano di screditare il giudice del Tar Linda Sandulli: fanno in modo che alcuni giornali scrivano di un conflitto di interessi del magistrato per la quota in una società che fa manutenzione al Cara di Castelnuovo di Porto, e sollecitano interrogazioni parlamentari sulla vicenda. Tentativi che cadono nel vuoto.