25/09/2015 14:14
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - SETTErosso, non vince nessuno. Sette, come i punti di ritardo dall’Inter capolista. Ma sulla ruota di Roma sette è soprattutto il “rosso” nel bilancio delle ultime stagioni: 15 punti dopo 5 turni il primo anno, altrettanti la stagione scorsa, sette in meno oggi. La Roma che inceneriva i rivali al via non esiste più, e oggi che alla quinta giornata il motore segna quasi la metà dei giri - 8 punti appena e nono posto in classifica - qualcuno inizia a chiedersi perché. La Roma era stata costruita per vincere, invece i numeri dopo il ko con la Samp la condannano alla mediocrità. Dei 60 milioni spesi in estate, portando gli investimenti del quinquennio americano oltre quota 300 milioni, 55 sono usciti soltanto per rinnovare il parco punte. Sono arrivati Dzeko e Salah, la rivelazione Falque e il baby talento Ponce. Eppure se la curva dell’umore romanista pare quella del Pil della Grecia è soprattutto perché la squadra fa una fatica del diavolo a segnare: per racimolare la miseria di 8 gol sono serviti 39 tiri nello specchio della porta, più di chiunque altro in tutta la serie A. Insomma, la Roma ci provama non ce la fa, intrappolata in un vorrei ma non posso che sembra specchiarsi nel suo non sentirsi grande abbastanza. E che ha contagiato pure il fiore all’occhiello della campagna acquisti.
Per anni Trigoria rivendicava la mancanza di un centravanti di statura internazionale. Ora che ha Dzeko, la squadra non sa servirlo: contro la Samp sono piovuti in area 19 cross, ma nemmeno uno utile per la testa del bosniaco. Altre soluzioni Garcia non sembra trovarne. Anche questo gli rimprovera la città: non aver saputo inventare alternative efficaci al possesso palla, che tocca quote bulgare, il 64% in questa stagione, ma produce poco. E, ora, non saper gestire il tramonto di Francesco Totti. Due partite, nemmeno un minuto nei big match con Juve e Barça, un infortunio alla mano per qualcuno controverso e una tristezza che l’amico Marcello Lippi gli ha letto negli occhi dopo il gol di domenica. «Francesco non sarà mai un problema», è vero, ma pure Sabatini ammette che «la situazione la dovranno gestire lui e l’allenatore». L’infortunio di Szczesny ha dato invece ossigeno nella gestione dell’altro “vecchietto”, De Sanctis, anche se con lui in campo la media gol subiti è raddoppiata.
Garcia tiene, ma resta sotto esame: le gare da qui alla sosta con Carpi, Bate Borisov e Palermo serviranno a fare un quadro più chiaro del futuro dell’allenatore. Ma a Pallotta piace poco quest’andamento lento su tutta la linea, dallo stadio che continua a trovare ostacoli agli scioperi dei tifosi, fino ai risultati. Il presidente non ha confermato la visita romana per inizio di ottobre, anzi sta pensando di disertare. Già sabato col Carpi proveranno a fargli cambiare idea: «Una vittoria che ci serve come il pane», avverte Garcia. A lui, più che a chiunque altro