18/09/2015 14:35
LA REPUBBLICA (G. ROMAGNOLI) - Se la palla decisiva, da centrocampo e sulla sirena, fosse toccata a Florenzi ,l’Italbasket avrebbe fatto canestro, eliminato la Lituania e si giocherebbe una medaglia. Non conta che lui non sia un cestista e abbia una statura contenuta: non è da questi particolari che si misura un miracolo sportivo. Il suo bello sta proprio nel saper affiorare dall’improbabile: ti aspetti, semmai,Messi ed ecco invece Florenzi. Erano gli unici due sul campo a poter segnare da 50metri o in rovesciata, di tacco, a occhi chiusi. I gesti straordinari appartengono a coloro che lo sono o a quelli che non si preoccupano di non esserlo. O Messi o Florenzi. O Maradona o Mascara. O Beckham o Quagliarella. Poi, nel caso dei primi,si parla di vocazione divina, mentre per i secondi si adombra il sospetto che oltre al piede abbia contribuito un’altra parte anatomica.
Non fosse che il jackpot viene ripetuto nel tempo, dagli uni come dagli altri e allora o ci arrendiamo al soprannaturale e la buttiamo sulla fede oppure tentiamo una spiegazione facendo ricorso a briciole di scienza, vaghezze di filosofia e alla convinzione per cui se l’impossibile avviene, impossibile non era e qualcuno l’aveva pur capito. Nel caso dei Messi, Maradona e Beckham la natura fa semplicemente il suo corso:li ha dotati di un talento e si è seduta in tribuna a guardare, se non lo sprecano è tutto spettacolo. Con i Florenzi, Mascara e Quagliarella è un’altra storia, ma neppure tanto. Non è vero che i gesti sublimi appartengano soltanto a pochi eletti, molti ne sono capaci, ma non tutti ci credono. Non saremo dei, come cantava Lucio Dalla, ma siamo meglio di quanto pensiamo. La vita che conduciamo è una progressiva limitazione fornita dall’educazione che riceviamo: in famiglia, a scuola, al lavoro. La possibilità di una generazione di fenomeni, o una classe, o anche solo un paio nella stessa stanza è esclusa a priori. Perché mai?Qualunque allenatore, vedendo un terzino improvvisato o un centrattacco ruspante caricare il tiro dal casello autostradale chiude gli occhi e scuote la testa. Non fa parte dello schema, né il suo né quello dell’esistenza, e non è attribuibile a lui come merito (forse solo Mourinho oserebbe accreditarselo). Eppure accade, nella testa dei Florenzi. Lì si forma un disegno perfetto e la sensazione di poterlo realizzare.
Blink! Se non hai fatto che guidare hai un riflesso assoluto che ti fa sterzare prima dell’ostacolo. Blink! Se hai vissuto e viaggiato riconosci i tipi umani prima che si manifestino. Blink! Se giochi a pallone da sempre senti il campo, la porta, la traiettoria. Quand’è che osi unire i puntini? La prima volta è un gesto istintivo, una ribellione sul filo dell’entusiasmo. Giocavi in B, sei arrivato in A, Zeman ti ha fatto debuttare, Garcia ti schiera titolare e contro il Genoa, sullo 0 a 0 t’inventi una rovesciata che manco Osvaldo. E segni. Questo cambia il tuo rapporto con la realtà, la accosta all’immaginazione, percepisci il ponte che le collega, l’hai percorso una volta e non te lo sei bruciato alle spalle. Ci sono gesti al bivio tra l’impresa e la fesseria. Se la rovesciata entra sei un angelo, sennò un pagliaccio che batte di schiena. Come gli altri “gregari del miracolo”, Florenzi ha imparato a rischiare. Quando fa gol al Cagliari e vola ad abbracciare la nonna in tribuna sa di correre su un altro filo: da un lato sei un “core grato”, dall’altro un “fregnone”. Gli va bene: “bello de nonna” diventerà ilgridoche accompagnala sua prodezza dimercoledì sera.
Ed è questo dischiudersi delle occasioni a dare la fiducia che fa da miccia a quei tiri. Per una volta l’esercizio, l’impegno, i novemila tentativi sbagliati da Michael Jordan per arrivare alla perfezione non c’entrano nulla. Ci si allena a calciare le punizioni dal limite, se un allenatore vede uno che passa ore a provare i gol da centrocampo, lo lascia in panchina: ci manca il matto. Ma il matto fa la sua mossa quando può e sa di poter dare scacco. Quel che gli prende ha a che fare con la mistica quanto con l’esperienza. Dicono: ha visto il portiere fuori dalla porta. Come? Con il terzo occhio? Maradona da centrocampo poteva anche vederlo,ma Florenzi sulla fascia, quasi sullalinea, pressato dall’avversario, come l’ha visto? Più probabile l’abbia sentito. Uno come lui è un rabdomante del campo, lo conosce tutto: è stato in mezzo, l’hanno spostato all’ala, spedito ora in difesa. Sono l’esperienza dei ruoli e degli spazi, la sensazione dei tempi perduti e degli spiragli socchiusi a urlargli:provaci, adesso. Ladifferenza sta in questo: noi crediamo a quel gol quando la palla entra, i campioni e gli esperti lo capiscono mentre è in aria, a Florenzi (Mascara e Quagliarella) qualcosa che tutti dovremmo ascoltare lo dice prima che calcino.