Garcia: «Arrivati quasi in cima all’Everest... noi camaleonti»

17/09/2015 13:58

GASPORT (D. STOPPINI) - Se volete una foto della prestazione della Roma, non cercatela nelle parole di . Andate da Luis Enrique, ascoltatelo mentre sussurra: «Mi aspettavo una Roma più all’attacco, evidentemente hanno cambiato atteggiamento». Sì, caro Luis. L’errore si fa una volta, ripeterlo sarebbe stato troppo grave. L’1-1 con cui ha bloccato il vale come un rito per esorcizzare un ricordo: undici mesi dopo l’1-7 subito dal Bayern, l’incubo si è trasformato nella scelta di un’altra Roma. Meno frizzi e lazzi, più cuore e cervello. «L’esperienza dello scorso anno ci è servita – ha spiegato il tecnico francese – Avere un vissuto in è importante, avere giocatori come e che l’hanno già disputata lo è ancora di più. Abbiamo giocato la partita che volevamo. Esattamente così, proprio in questo modo l’avevamo preparata: se avessimo lasciato spazi a quei tre sarebbe stata dura». Meglio diffidare, allora, di chi sbandiera coerenza in ogni angolo di mondo: «Questo risultato e questa prestazione ci daranno fiducia per il futuro, sicuramente aumenterà l’autostima della squadra: i giocatori devono capire che possiamo fare grandi cose – ancora Non è questo l’atteggiamento tattico che voglio vedere in campionato, ma questa partita ci è utile per capire che sappiamo difendere bene se lo vogliamo». Forse l’Everest non sarà stato scalato del tutto, ma... «siamo arrivati vicini alla vetta, tatticamente è stata la partita giusta, quasi perfetta. Certo, sognavo una vittoria e forse avremmo potuto fare meglio nei contropiede, ma va bene così. Bravi tutti. E bravo pure , entrato benissimo in campo».
Maledizione Entrato perché si è arreso alla maledizione . Il polacco ha lasciato l’Olimpico con la mano sinistra fasciata dopo il contatto con Suarez: lussazione all’anulare la prima diagnosi, oggi ulteriori esami. «Speriamo non sia niente di grave», ha detto . Lo spera pure il polacco: era la terza volta in carriera che affrontava il , secondo infortunio dopo quello del 2011, sempre alla mano. era l’unico che non sorrideva, all’Olimpico. Potenza di una vittoria che «solo» in classifica vale come un pareggio.