21/09/2015 13:32
IL TEMPO (T. CARMELLINI) - La Roma si butta via. Non sono bastati novanta minuti abbondanti, il trecentesimo gol di Totti con la maglia giallorossa, tantomeno il turnover scellerato di Garcia per avere la meglio del Sassuolo dell’ex Di Francesco che si conferma bestia nera della Roma: mai sconfitto all’Olimpico. E nei volti attoniti dei romanisti che lasciano lo stadio tra i fischi c’è la consapevolezza di quanto pesanti saranno in futuro questi due punti persi mentre tutte le altre «grandi» del campionato iniziano ad ingranare.
MA TURNOVER DE CHE? La prima cosa della giornata è inspiegabile. Ma perché dopo tre giornatei giocate il tecnico sente il bisogno di fare un turnover assurdo che mette fuori sei titolari rispetto alla Roma, tosta e compatta, che aveva sì faticato, ma tenuto comunque botta contro i campioni del Barcellona? Possibile che tutti a Roma abbiano capito che in questo momento meno cambi si fanno e meglio è tranne l’allenatore giallorosso? Così Garcia scombina tutto, toglie continuità a un gruppo in via di consolidamento e che cercava di non fermarsi rimettendo tutto in discussione. E creando, per altro, proprio quei malumori che erano probabilmente alla radice della decisione di fare turnover (Iturbe docet). Perché? Non è possibile che dopo tre giornate gente che gioca in serie A e che punta a vincere qualcosa, sia già alla frutta o chieda un turno di riposo. No, le scelte di questo naufragio sono tutte targate Garcia che ha sbagliato la terza formazione della stagione (dopo Verona e Frosinone) in quattro gare di campionato: niente male. La cosa più preoccupante non è tanto l’errore, quanto la perseveranza.
SZCZESNY DOVE SEI? Poi, nel giorno in cui tutto ti gira storto, c’è anche l’assenza di un giocatore ormai fondamentale per questa squadra: il giovane portiere polacco Szczesny. Chiaro che a parlarne dopo la cosa viene più semplice, ma alzi la mano che è convinto dell’imparabilità del gol del giovane giallorosso Politano (altro ex della giornata) che ha riportato avanti il Sassuolo. «Ahò, Coso (soprannome ormai ufficiale dell’impronunciabile polacco), quella la parava de’ piede e rilanciava er contropiede...» commenta un tifoso imbufalito lasciando lo stadio. Anche se, per dirla tutta, Manolas prima e Rudiger dopo (o meglio «Ruvider» come lo ha ribattezzato qualcuno) ci avevano messo più volte del loro per complicare la vita al «vecchio» De Sanctis.
TRECENTO VOLTE TOTTI Eppure a un certo punto sembrava che la giornata potesse mettersi in maniera divera. Il sole era tornato a splendere sull’Olimpico, Totti era riuscito a segnare il suo gol numero trecento con la maglia della Roma grazie anche alla distrazione del mediocre arbitro Massa (fuorigioco netto sull’azione del gol e poi nel finale rigore negato su Rudiger). Insomma c’erano tutti gli ingredienti necessari per rimetterla in piedi dopo il vantaggio degli ospiti anche grazie agli ingresso di Iago Falque prima, Florenzi e Dzeko (che ha fatto 72 incredibili minuti di panchina: assurdo) dopo. E invece il secondo tempo in crescendo della Roma ha portato solo al pareggio targato Salah. Gran botta al volo di sinistro che ha mandato in delirio un Olimpico assopito (senza il tifo della Sud è tutta un’altra musica: qualcuno faccia qualcosa...) e caricato i tifosi per l’ultimo assalto finale: purtroppo sterile.
LA STRADA È LUNGA Così, quando alla fine si fanno i bilanci, quello di ieri pomeriggio all’Olimpico non può che essere negativo per la Roma. Un solo punto, troppo poco per una squadra partita con la chiara intenzione di vincere quest’anno. Troppo poco per un gruppo che stava trovando la sua «nuova» fisionomia e che si ritrova invece a fare i conti con i fantasmi del passato. Ora, come mai prima, l’allenatore deve dimostrare di essere all’altezza di questa Roma. Non è un tiro al piccione, e nessuno ama sparare sul pianista, ma questo gruppo ha bisogno di un leader riconosciuto che lo sappia portare oltre l’ostacolo, altrimenti si rischia di buttare un’altra stagione. Sarebbe davvero troppo.