14/09/2015 13:31
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Turnover, un obbligo per chi gioca la Champions, ma anche un’arma a doppio taglio. Se n’è accorta la Roma a Frosinone, snaturata rispetto alla versione entusiasmante vista due settimane prima con la Juventus. Un modulo diverso, due centravanti (perché Totti il trequartista non lo fa da anni), un uomo completamente fuori dal contesto come Gervinho che in una squadra già sbilanciata in avanti è un lusso anche se giochi contro la matricola ciociara, un centrocampo dimezzato dall’assenza di Nainggolan e lasciato a due mediani monomarcia come De Rossi e Keita.
Il risultato del Matusa va benissimo a Garcia, la prestazione no. Ecco perché è lecito aspettarsi che sia stato solo un esperimento riuscito male e da riproporre eventualmente in situazioni particolari. Da mercoledì in Champions la Roma tornerà a giocare come ha imparato a fare da anni, anche prima dell’avvento del francese: 4-3-3, con Dzeko in più al centro dell’attacco e due esterni che dovranno per forza pensare anche alla fase difensiva per contrastare la macchina quasi perfetta del Barcellona. Gervinho tornerà in panchina e lascerà spazio al più brillante Salah, mentre Iago Falque in questo momento sembra un giocatore irrinunciabile. Come Szczesny, Florenzi, Digne, Manolas e Nainggolan oltre al bosniaco e all’egiziano. Iturbe, invece, s’è calato perfettamente nella parte di guastadifese avversarie nell’ultima mezzora.
Tutto il resto si può discutere, giusto ruotare i giocatori con tanti impegni (ben 19 già impiegati da Garcia compresi Ibarbo e Ljajic), cercando però di mantenere intatta il più possibile l’identità di una squadra che come valori assoluti quest’anno sembra aver quantomeno raggiunto la Juventus. La classifica dopo tre giornate non conta nulla, ma qualche indicazione la dà: per restare alle prime due delle ultime stagioni la Roma è rimasta da vertice mentre i bianconeri si stanno ricostruendo a fatica.
Allora l’auspicio di tutti a Trigoria è che Garcia faccia scelte logiche, senza guardare in faccia a nessuno. Certo, Totti è un caso particolare, unico a Trigoria e nel campionato italiano: un campione immenso, il più grande della storia giallorossa, che a 39 anni non si sente ancora un ex e chiede spazio. Pur senza lamentarsi, la sua sola presenza nello spogliatoio è una pressione per l’allenatore alla quale non ha resistito dopo averlo tenuto fuori per due partite intere, nonostante avesse pensato di inserirlo nei minuti finali della gara con la Juve. Frosinone ha emesso una sentenza: se si vuole sfruttare la qualità del capitano è meglio provarci quando non c’è Dzeko.
Risolto il problema più delicato, ne restano altri. Anche De Sanctis non si sente una riserva. Sperava di giocare a Frosinone, difficilmente lo farà in Champions perché ormai la scelta è definita e Garcia, tentennando un po’, l’ha confermata sabato: Szczesny è il titolare. Tra i migliori in campo in tutte e tre le prima gare tra i pali romanisti, il polacco lancia la sfida al Barcellona: «Non vediamo l'ora di confrontarci con club fantastici come il loro - ha detto Szczesny - nessun timore comunque, abbiamo già dimostrato con la Juventus di avere grande confidenza con le migliori squadre d'Europa. Se ci difenderemo non lo so, l'atteggiamento tattico lo deciderà il mister. Di certo andremo in campo per provare a vincere la partita».
In una gara del genere potrebbe tornare utile il carisma di Maicon ma il tecnico non lo vede ancora pronto. O quantomeno non se la sente di tirar fuori Florenzi. Ecco, quello dell’attaccante trasformato in terzino è invece l’esperimento riuscito: è stato Rudi a «inventarlo» in quel ruolo e Alessandro ci si è calato perfettamente. E allora Maicon per ora resta a guardare, a meno che Garcia non voglia schierarli entrambi sulla stessa fascia.
Intanto, aspettando i progressi di Castan, c’è bisogno che Rudiger recuperi in fretta il terreno perso durante il lungo stop e affini l’intesa con l’«indiavolato» Manolas. Uno che da quest’estate litiga con tutti, avversari e compagni, ma tiene botta come nessuno lì dietro.