14/10/2015 13:32
CORSERA (L. FERRARELLA) - Enrico Preziosi smentisce Preziosi e, così facendo, inguaia anche la Infront di Marco Bogarelli sul doping finanziario dei bilanci di squadre di calcio di serie A e B? Così parrebbe, almeno se si confronta la spiegazione che il presidente del Genoa offre nell’intervista al Corriere della Sera («i 15 milioni li ho messi io da un conto svizzero, ho preso un prestito dalle banche») con le parole che invece proprio a Preziosi sono attribuite dalla Procura di Milano in una recentissima conversazione intercettata.
I magistrati, che venerdì scorso 9 ottobre hanno arrestato il senior partner Andrea Baroni della società luganese Tax and Finance per l’ipotesi di riciclaggio di denaro illecito di imprenditori evasori fiscali italiani, il 5 ottobre risultano infatti aver trasmesso al gip Giuseppe Gennari una richiesta di integrazione con intercettazioni segnalate dalla Guardia di Finanza in una nota del 2 ottobre. Tra esse figura «una conversazione telefonica tra Preziosi e l’amministratore delegato del Genoa Calcio, nella quale Preziosi riferisce di aver parlato con Bogarelli, “il quale gli avrebbe sollecitato di rientrare tutto subito”»: dunque, come se ad aver prestato i soldi a Preziosi fosse stato Bogarelli, e non le banche. Tanto che per i pm «è agevole ricollegare questa discussione ai fatti sottoposti a indagine che costituiscono il fondamento della iscrizione ex art. 2638», cioè dell’ipotesi di reato di ostacolo all’attività dell’autorità di vigilanza sui bilanci delle squadre, la Covisoc: «È infatti emerso che la Infront favorisce diverse società di calcio attraverso finanziamenti clandestini, che servono ad esse per “tamponare” le difficoltà finanziarie in cui versano e le carenze che evidenzierebbero l’inadempienza dei parametri indispensabili, sui quali vigila la Covisoc. Questi movimenti finanziari — sostengono i pm — coinvolgono in qualche caso anche la Tax and Finance e i veicoli societari che la fiduciaria ha costituito per Infront», gruppo che invece ancora ieri ha giurato che «Infront non ha e non ha mai intrattenuto alcun rapporto con la società svizzera di consulenza Tax & Finance e/o con Andrea Baroni». Così non è per la Procura, a detta della quale «è proprio il Genoa una delle società di calcio destinatarie di tali finanziamenti “in nero”».
Un’altra, per i pm, è il Bari di Gianluca Paparesta, che mezzo milione di euro, per far fronte a impegni impellenti, avrebbe recuperato grazie a operazioni retrostanti la sponsorizzazione della seconda maglia: per questa vicenda la Procura ritiene di avere elementi per ritenere coinvolto, e dunque ha indagato sempre per ostacolo all’attività di vigilanza Covisoc, anche il presidente della Lazio e componente del Consiglio Federale della Figc Claudio Lotito. Il suo avvocato Gian Michele Gentile ieri ha spiegato che «per ora non abbiamo ricevuto niente dalla Procura, Lotito cade dalle nuvole anche perché i rapporti tra la Lazio e Infront sono irrilevanti dal punto di vista economico. Hanno dato alcuni piccoli diritti ma di pochissimo importo. Lotito dice: “Io col Bari non c’entro niente. Se ci sono stati contratti di sponsorizzazione tra Infront e il Bari, se l’è vista Infront e io non ho nessuna veste per interferire, né ho mai interferito”».
Per parte sua, Mediaset ripete di aver «sempre operato nel pieno rispetto delle regole» sui diritti tv, asta per la quale da giorni si sa che i pm contestano al management di Infront e ai pure indagati dirigenti di Rti Marco Giordano e Giorgio Giovetti di aver «turbato i relativi bandi e il corretto e imparziale svolgimento delle gare in favore del concorrente Rti-Mediaset».