LA REPUBBLICA (F. S. INTORCIA) - Antonio l’insaziabile, ieri sera, mentre festeggiava il primato nel girone, la quarta vittoria consecutiva e il percorso netto nel cammino europeo, si è dannato l’anima per l’unico obiettivo mancato, un posto da testa di serie in Francia. «
Non capisco, abbiamo 24 punti, diventa difficile spiegare perché non siamo nella prima fascia, con me abbiamo 9 vittorie, 4 pareggi e solo un ko in amichevole col Portogallo », commentava
Conte, e in fondo solo tre squadre hanno fatto meglio dell’Italia nel percorso a Euro 2016. Se il sorpasso al
Belgio nel ranking Uefa non si è consumato, è solo perché gli azzurri hanno segnato di meno: però la difesa di Malta non è quella di Andorra. La rimonta sulla
Norvegia consente comunque all’Italia di infilare il 50° risultato utile nelle qualificazioni (37 vittorie, 13 pareggi), l’ultima sconfitta è quella del 2006 in Francia, con Donadoni ct. «
Abbiamo fatto il nostro dovere, il calcio è questo, bisogna fare i complimenti alla Norvegia anche se eravamo sotto solo per sfortuna» aggiunge Conte. «Questa partita ci serviva a dare continuità alla crescita, siamo sulla strada giusta, voglio questa intensità e questa cattiveria». Prima del match, ai microfoni di Raisport,
Conte era tornato sul tormentone del contratto, con una parziale apertura al rinnovo: «
Mai dire mai. Ho sempre invidiato il ct dell’Italia che può giocare Europei e Mondiali, in quei momenti senti che il paese soffia e ti spinge. Sarà una Nazionale ugualmente competitiva a prescindere dalla mia firma. La storia insegna: Prandelli andò al Mondiale col rinnovo e uscì, Lippi invece vinse quando tutti sapevano che avrebbe lasciato». L’alternativa è Fabio Cannavaro, stimato in Figc: il Pallone d’oro era stato in corsa già un anno fa (da solo o in ticket con Guidolin). Stavolta, più che con un vecchio saggio al suo fianco (Lippi), corre da solo, il carisma supplisce al deficit di esperienza. Cannavaro ieri era all’Olimpico: «
Io ct? L’importante per me è fare l’allenatore. Ma con l’addio di Conte la Nazionale perderebbe tanto».
Simbolo di quest’Italia operaia e infaticabile è la partita di Alessandro Florenzi, al secondo gol azzurro dopo quello all’Armenia, due anni fa. Il ragazzo capace di fare il terzino e l’ala, di correre da gregario e inventare gol da attaccante di razza: nella sua tana, l’Olimpico, una prova e una rete che hanno fatto impazzire di gioia il pubblico. «
Volevamo vincere per dare un segnale a tutte le altre nazionali: l’Italia c’è, è viva e ha una grande storia. Ringrazio tutti quelli che sono venuti a sostenerci, spero che la prossima volta siano di più. E se non siamo testa di serie non è un problema: se vuoi vincere qualcosa, devi battere le più forti. Ci faremo trovare pronti».