17/10/2015 13:52
IL TEMPO (E. MENGHI) - La caduta de «Il Muro». Quel fisico che lo ha reso grande, tra i difensori migliori al mondo, sta cedendo e, a 37 anni, Walter Samuel ha deciso di ritirarsi. Lo farà a fine stagione, quando scadrà il suo contratto con il Basilea. Non certo la squadra per cui verrà ricordato, nonostante sia riuscito ad arricchire la sua bacheca anche in Svizzera, dove ha vinto il campionato al primo anno. Come con la Roma. A portarlo nella capitale era stato Franco Sensi, nel 2000, per 34 miliardi di lire. A guidarlo verso il terzo scudetto della storia giallorossa era stato Fabio Capello, che gli aveva affidato le chiavi della difesa romanista: l’argentino era il perno centrale, ai suoi lati Zago e Zebina. Samuel non aveva smentito quanto di buono fatto vedere nel Boca Juniors di Carlos Bianchi, che di lui diceva: «È talmente freddo da riuscire a giocare bene in uno stadio totalmente avverso e con uno che gli punta una pistola alla tempia».
Con la stessa freddezza, ma con maggiore sofferenza, Samuel ha annunciato l’addio al calcio: «Arriva un momento – ha confessato in un’intervista a Neue Zürcher Zeitung – in cui bisogna ascoltare il proprio corpo: se tutto fa male, anche la mente tende a stancarsi. Avrei ancora voglia di giocare, ma ora ho difficoltà fisiche. Ho bisogno di più tempo per recuperare rispetto a prima. Cerco di fare il meglio, ma non sarà mai come prima. Per me non è una decisione facile».
A mancargli sarà soprattutto la quotidianità dello spogliatoio: «Uno è così abituato. È come a scuola, non appena sei in vacanza non vedi l’ora di tornare. Naturalmente mi mancheranno anche le emozioni. Io non sono fatto di pietra, mescolo i momenti. Dovrò trovare qualcosa che mi tiene occupato. Sono ancora giovane, ma non abbastanza per fare il calciatore». È sempre stato ritenuto un duro, è stato persino inventato il «fallo alla Samuel», eppure lui non si ritiene un cattivo. A Roma non contava quanto alzasse la gamba, la Curva Sud lo ha amato praticamente subito ed era e resta l’eroe dello scudetto vinto il 17 giugno del 2001. «The Wall» era in campo contro il Parma nella partita del trionfo all’Olimpico ed è proprio perché ha visto cosa vuol dire vincere con la Roma (compresa la Supercoppa italiana due mesi dopo lo scudetto) che nei successivi tre anni di insuccessi (due secondi posti e un ottavo) matura la volontà di andarsene. Risponde alla chiamata del Real Madrid, torna in Italia un anno dopo e con l’Inter si aggiudica 12 trofei. Nel 2014 emigra in Svizzera e nel 2016 appenderà gli scarpini al chiodo con la certezza di non essere dimenticato. Ai suoi vecchi tifosi è venuto un colpo al cuore, e un’idea: «È arrivato il momento della statua».