01/10/2015 13:33
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Navigare a vista, ma sempre con il timone tra le mani. Il mare però continua ad essere mosso per Rudi Garcia, il primo a finire sul banco degli imputati anche dopo la disastrosa notte di Borisov. Tante le difficoltà gestionali all'interno di un gruppo su cui non sembra avere il totale controllo, troppo altalenanti le prestazioni e di conseguenza i risultati per immaginare di essere competitivi in Italia prima che in Europa. Elementi ormai palesi per una gran parte della tifoseria, che da qualche partita non ha lesinato fischi durante il passaggio della foto del tecnico sui maxi schermi dell'Olimpico e ben noti alla dirigenza romanista, convinta però che l'ipotesi dell'esonero non sia al momento il primo scenario possibile.
Non ci sono stati confronti diretti tra le parti e nessuna scadenza è stata fissata come ultimatum: Garcia rimarrà in sella alla panchina giallorossa e la prossima trasferta di Palermo non diventerà una tappa fondamentale per il suo futuro nella capitale. Poi si vedrà. Anche perché nonostante continuino a finire sotto esame alcune scelte cervellotiche del mister, la società è convinta che in questo avvio di stagione si siano alternate anche prestazioni molto positive, soprattutto con avversari di un livello più alto. Ovviamente il tempo a disposizione per rimettere la squadra sui binari non è infinito e soltanto in base ai risultati delle prossime partite, il «caso» Garcia potrà essere riesaminato e preso in considerazione. D'altronde non sono arrivate notizie in merito dagli States, fronte Pallotta, dove il presidente della Roma è rimasto e probabilmente rimarrà anche nelle prossime settimane (non è prevista ad oggi un'imminente partenza per l'Italia).
Eppure i problemi non mancano anche tra i settori che lo stesso patron americano ha contribuito a rivoluzionare durante l'estate. Per esempio non sembra essere scattata ancora l'alchimia giusta tra lo staff tecnico di Garcia e le nuove figure professionali arrivate a Trigoria ormai qualche mese fa. Una differenza di visioni o semplicemente una forzatura all'interno di un eco sistema molto delicato come quello romanista, che inevitabilmente viene evidenziato in modo maggiore dopo le sconfitte. Aspetto tenuto in considerazione proprio in estate quando il francese rimase oggetto di discussione tra proprietà e dirigenza. La decisione di proseguire insieme venne analizzata sotto il punto di vista economico (Garcia ha un contratto da circa 2,5 milioni netti a stagione fino al 2018) sia delle possibili alternative.
Tra le idee relative ai sostituiti è stato immaginato anche il nome di Ancelotti, una soluzione però proibitiva per i costi (ingaggio da 6 milioni netti l'anno) e per la volontà dello stesso allenatore intenzionato a concludere il proprio anno sabbatico prima di riascoltare nuove offerte, possibilmente in Premier League. E poi Garcia finora non ha mai preso in considerazione la possibilità di dimettersi, convinto che i mezzi a disposizione possano bastare per lottare a fare spenti fino in fondo almeno in Italia. Il terzo anno della sua gestione in giallorosso mostra però delle crepe evidenti, tanto che addirittura il suo pupillo Gervinho si è lasciato trasportare in più di un gesto di disappunto verso la panchina martedì sera a Borisov.
Mentre i dirigenti discutevano all'interno di un box dello stadio a fine gara, Florenzi si presentava di fronte alle telecamere dando la colpa alla scarsa preparazione mentale nell'approccio alla gara. Probabilmente la peggiore delle accuse da muovere a se stesso e ai suoi compagni, compreso l'allenatore. Su cui però alza successivamente la barriera di protezione: «La squadra è con il mister, sono tre anni che ci guida e abbiamo piena fiducia in lui, così come lui ne ha in noi». Almeno per ora.