22/10/2015 13:21
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Ha la brutta abitudine di prendere gol nella prima mezzora delle partite. Quando invece va in vantaggio, anche di tre reti, rischia di farsi rimontare. Sono due brutti vizi di questa terza Roma di Garcia, visti e rivisti nelle undici partite ufficiali giocate in cui la squadra ha raccolto ben diciotto volte la palla nella propria porta.
A dire il vero il primo campanello d’allarme è scattato nelle prove generali d’agosto in amichevoli contro il Siviglia: avanti 6-0, i giallorossi ne hanno beccati quattro nel giro di pochi minuti e se la partita fosse durata ancora un po’ chissà come finiva. Poi il capolavoro di prestazione con la Juve che poteva essere cancellato nei minuti finali se Szczesny non fosse arrivato su quel colpo di testa di Bonucci, la fatica di Frosinone, dove non è stato assegnato un rigore netto ai ciociari sull’1-0, i patemi di Palermo in una gara teoricamente chiusa dopo il 3-0 del primo tempo e il serio rischio di rimettere in partita anche l’Empoli. Contro Barcellona, Sassuolo, Bate Borisov e Bayer Leverkusen è successo il contrario: 7 gol totali subiti nella prima mezzora, a dimostrazione di un approccio evidentemente sbagliato.
Che ci siano problemi difensivi è abbastanza chiaro, quale sia la causa no. Possibile che Garcia, lo stesso allenatore che ha chiuso il suo primo campionato sulla panchina giallorossa con 25 reti incassate, appena 2 in più di una Juve da 102 punti, e che l’anno scorso ha peggiorato la media di pochissimo (31 gol su 38 gare e seconda miglior difesa confermata) ora abbia improvvisamente dimenticato come si organizzano i movimenti lì dietro? No, e allora è inevitabile che ci sia un problema di uomini oltre a qualche esercitazione in più da organizzare a Trigoria.
Due stagioni fa il muro davanti a De Sanctis era formato da Benatia e Castan, con Maicon e Balzaretti a presidiare le fasce. Quattro uomini di personalità, quattro leader, ora Garcia può contare solo due di loro, i brasiliani. Ma Castan ha giocato tre partite in due anni per i noti problemi e solo adesso inizia ad avere una condizione «accettabile», mentre Maicon ha due anni in più e sembra aver perso la fiducia da parte dell’allenatore, che lo accusa di non essere all’altezza degli altri in fase difensiva. Il terzino continua ad allenarsi, non capisce e aspetta il suo momento, visto che si sente molto meglio ora rispetto ad altri momenti della carriera, anche recenti. Mettendo da parte le perplessità tattiche, averlo in campo in certi momenti delle partite aiuterebbe ad aumentare il tasso di leadership della Roma: su questo non c’è dubbio.
Al netto di qualche errore dei portieri (Szczesny non ha ancora recuperato del tutto dall’infortunio alla mano e si vede), chi ha giocato a calcio sa bene che il numero di gol incassati non dipenda solo dai tre o quattro uomini dell’ultima linea ma dal lavoro di tutta la squadra. E allora Garcia ha messo giustamente sul banco degli imputati tutti i presenti a Leverkusen, che hanno rovinato una splendida rimonta e rimesso in seria discussione la qualificazione in Champions.
Quei quattro gol concessi ai tedeschi non si spiegano solo con gli errori del «goffo» Torosidis, dello spavaldo Digne o di un Rudiger a corto di condizione e ancora un po’ acerbo. Basta rivedere le azioni incriminate per scoprire come anche Florenzi, De Rossi e Nainggolan siano coinvolti nella serie incredibile di movimenti sbagliati.
Ma quello che è mancato di più in quei minuti finali di sbandamento è qualcuno che «congelasse» il pallone e tranquillizzasse i compagni. Totti è in infermeria, Dzeko è entrato troppo tardi e finora la Roma lo ha potuto usare poco per via dell’infortunio, Strootman tornerà non prima di febbraio. A Trigoria non hanno dubbi: con tutti i leader in campo, sarà (o sarebbe) un’altra storia.