Casa Totti, ecco i quattro vigili custodi

11/11/2015 14:03

LA REPUBBLICA (G. ISMAN) - Bruno era il più grosso, Rocco invece era mingherlino e Massimo era decisamente più scuro di capelli di quanto non sia oggi. Erano tre dei quattro vigili che dal 2008 al 2011 si erano proposti - ed erano stati accolti - come guardie private della famiglia di . A confermarlo sono fonti vicine alla famiglia del giocatore. A raccontare la vicenda in parte e con molte inesattezze - a partire dal coinvolgimento dell’allora colonnello dei carabinieri Salvatore Luongo, che ha smentito con decisione ogni intervento diretto - è stato il 15 ottobre Luca Odevaine, interrogato per Mafia Capitale dal pm Paolo Ielo a Terni in carcere.

Ancora l’ex capo di Gabinetto del Campidoglio in epoca Veltroni nello stesso verbale dice: «Un giorno mi telefonò Vito Scala, il di e mi disse: ‘Luca, ti posso venire a parlare?’ Venne a parlarmi e mi disse che un tifoso ultrà della Roma, che era appena uscito dal carcere, era andato a dirgli che gli avevano offerto 50mila euro per rapire il figlio di . Mi chiese se era possibile verificare se la cosa avesse qualche fondamento perché ovviamente il padre e la madre erano preoccupati». Scala non parla, ma dall’entourage del giocatore dicono che un abboccamento vi fu, durante una partita all’Olimpico del primo trimestre 2008. Scala poi denunciò la vicenda ai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, che, dopo perquisizioni e indagini, accertarono l’inesistenza di quel progetto. Odevaine poi infila un’altra inesattezza: «Credo sia cessata l’anno scorso quando si è trasferito nella nuova casa, dove ha messo un sistema di videosorveglianza... Non ce n’era più bisogno ». In realtà il capitano della Roma ha traslocato nel 2013: il servizio dei vigili era finito due anni prima.

C’è poi il capitolo dei pagamenti: «La scelta cade su alcuni vigili che avevano fatto parte di un gruppo, i Pics (Pronto Intervento Centro Storico) durante il Giubileo (giunta Rutelli): alcuni di loro stavano per andare in pensione. Dissi al capo di questo gruppo (che all’epoca era Rocco Penna, oggi in pensione, ndr): ‘senti, c’è qualcuno che vuole fare dell’extra lavoro?’. Sei (erano quattro, ndr) di loro “effettivamente hanno svolto questa funzione, ma fuori dall’orario di lavoro e pagati direttamente da . Per un certo periodo questi soldi me li dava a me , mi compilava un assegno tutti i mesi e io poi li davo a loro e poi dopo un po’ ho detto “a me non mi piace questa cosa”». Le stesse fonti vicine alla famiglia del giocatore spiegano che quei vigili tifosi della Roma venivano ricompensati con magliette o biglietti dello stadio, o al massimo rimborsi per la benzina.