09/11/2015 12:57
IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Vince la Roma. Perché gioca meglio, perché ha più voglia, sta più in campo e fa la partita: o più semplicemente perché in questo momento è più forte di una Lazio che rimedia la terza sconfitta consecutiva in campionato, con un bilancio di tre punti nelle ultime cinque gare. E sulla quale si abbatte, come se non bastasse, tutta l’incapacità di Tagliavento.
Il fischietto di Terni è il peggiore in campo in assoluto, sbaglia tutto quello che può, a partire da un rigore concesso ai giallorossi dopo sette minuti di gioco che cambia inevitabilmente la dinamica della stracittadina. Ma non basta perché poi l’«internazionale» Tagliavento continua a far danni, cercando di «compensare» il primo errore (per esempio graziando Gentiletti che meritava un rosso sacrosanto), prendendo fischi per fiaschi per tutta la gara chiaramente in confusione: voto 3. Cercando di smaltire la delusione del rigore concesso e la rete di Dzeko che porta avanti i suoi, la Lazio prova a restare in partita prima con Candreva (per lui altro derby da dimenticare), poi a ridosso della mezz’ora con la traversa centrata da Felipe Anderson (unico guizzo del giovane talento). ma proprio sulle vibrazioni del legno sopra la testa di Szczesny si chiude di fatto la partita dei biancocelesti.
Da qui in poi in campo c’è solo la Roma, che amministra la gara, prova a chiuderla un paio di volte (Dzeko sbaglia una cosa non da lui al 37’) e archivia la pratica dopo venti minuti della ripresa con Gervinho, che prende in velocità Basta e non dà scampo a un Marchetti messo malissimo tra i pali. Harakiri tecnici a parte, l’errore della Lazio è stato quello di non provare mai a giocarla questa partita: poca voglia, ancor meno «cattiveria» (tranne qualche calcio ben assestato e un paio di baruffe inutili a risultato già acquisito): la squadra di Pioli non ha mai dato la sensazione di poter rientrare in partita, di poter dire la sua. I numeri confermano: prima parata di Szczesny al 42esimo della ripresa, con la Roma che per la seconda volta quest’anno - e la prima in casa da sei mesi - chiude una partita senza incassare gol (la prima era stato l’altro «derby» contro il Frosinone).
È la sintesi di una stracittadina anomala, senza le curve, e nonostante questo con una città in assetto di guerra. Qualcuno dovrebbe riflettere sui muri innalzati all’interno dell’Olimpico: se serviva un segnale di distensione da parte dei tifosi come preteso dal prefetto, è arrivato... ora Gabrielli non può più nascondersi, quella dello stadio romano è una questione nella quale deve rimettere le mani e stavolta senza inutili eccessi.
Ma quello di ieri è stato anche un derby senza romani, con il solo Candreva in campo per entrambe le squadre a rappresentare i nativi della Capitale e con la Roma che, dopo quasi mezzo secolo (non accadeva dal marzo del 1967), gioca una stracittadina senza un romano in campo: senza considerare ovviamente l’ingresso di Florenzi subentrato a Salah «calpestato» da Lulic.
Il bilancio calcistico rilancia chiaramente la Roma che resta in scia a Inter e Fiorentina (tutte la grandi hanno vinto), con un solo punto di ritardo dalla vetta, e mette la Lazio davanti al solito dubbio amletico: andare avanti con Pioli, un allenatore che ha mostrato proprio con la Roma, squadra contro la quale non ha mai vinto da quando allena i biancocelesti, tutti i suoi limiti e non sembrerebbe più così «solido», o cambiare tutto e ripartire con un nuovo tecnico!