09/11/2015 15:02
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Sono lunghi e bellissimi quei 30 secondi e forse più del derby storico vinto dalla Roma, per la prima volta solo straniera contro la Lazio. Gervinho, simbolo della multinazionale giallorossa, se li gode tutti. Ha appena finito di scattare a sinistra. Perché Garcia lo ha richiamato in panchina, al minuto 35 della ripresa. La gente si è subito alzata in piedi quando ha capito che sarebbe uscito. E ha dedicato la standing ovation al campione ritrovato e mai scaricato. Che si è fermato ad ascoltare, tornando addirittura indietro. Per salutare il pubblico della tribuna Tevere. L’ivoriano non corre più. Adesso cammina. Per raccogliere e sentire tutto l’affetto del mondo.
L’amore, per la verità mai finito con i tifosi giallorossi, è di nuovo in fiore. Non conta che, per tutta l’estate, lo hanno contestato. Lo avrebbero voluto lontano da qui, dagli occhi e dal cuore, perché convinti che avesse voluto rompere il rapporto con la Roma. Per andare a guadagnare di più. Per conquistare benefit (elicottero e villa con spiaggia privata) e ricevere vantaggi. Niente di vero. È stato solo messo sul mercato. Come Marquinhos, Lamela e Benatia. Per il bilancio da sistemare e non per lo strappo da consumare.
L’abbraccio del suo popolo e quello del suo tecnico. Uno dopo l’altro. Intensi e sinceri. Il derby è della Roma. Garcia resta imbattuto contro la Lazio e usa la freccia nera per battere per la seconda volta, e in meno di 6 mesi, il collega Pioli. Nero come Yanga-Mbiwa che decise il derby da Champions del 25 maggio scorso. Uniti sulla scacchiera dallo stesso destino perché anche il difensore, ceduto a fine estate al Lione, fu chiamato a Trigoria dal tecnico di Nemour che, alla sua prima stagione in giallorosso, chiese alla società solo l’acquisto di Gervinho. Il direttore sportivo Sabatini ammise in pubblico di essere contrario all’operazione. Ma si fidò di Rudi. E fece bene. L’ivoriano fu protagonista dell’annata dei record, con 12 gol (9 in campionato) in 37 partite: 10 vittorie di fila nelle prime 10 giornate e 85 punti totali per il secondo posto dietro alla Juve esagerata di Conte.
La scorsa stagione è iniziata male e finita peggio. Anche per questo, con Garcia comunque poco propenso a lasciarlo andare, la Roma preparò il divorzio. Solo 2 gol in campionato, 7 contando pure quelli nelle coppe (Champions ed Europa League). Raccolto misero per il pupillo del tecnico. Che ha continuato a considerarlo fondamentale per il suo sistema di gioco. Gervinho in inverno ha vinto la Coppa d’Africa con la sua Costa d’Avorio. Ma lì, nel suo Paese, è rimasto. Qui è tornata, anche in ritardo, la sua controfigura. L’ala imprendibile diventata irriconoscibile. Dribbling più inutili che mai, prestazioni scadenti. Fino alla cessione annunciata prima dell’accordo. L’Al Jazira lo ha coccolato, per averlo negli Emirati Arabi. La Roma, però, sul più bello si è tirata indietro, per il gioco al ribasso della società di Abu Dhabi.
Garcia è rimasto in silenzio. Ma si è tenuto stretto il figliol prodigo. In attesa di Salah, non ha dimenticato l’utilità del suo contropiedista preferito. Anche perché con 2 ali il decollo della Roma sarebbe stato più agevole. «Mocio Vileda» gli hanno urlato per sfotterlo i contestatori a Pinzolo. Il riferimento a quei capelli che si porta dietro nelle sue fughe verso la porta. Anche l’allenatore è finito sotto accusa per aver insistito sull’ivoriano ad inizio stagione. Rudi ha raccolto l’invito e ha atteso più di 1 mese per farlo giocare all’Olimpico. Gervinho è entrato con il Carpi e ha subito fatto centro. Ha sentito i tifosi borbottare, ma ha lasciato la solita traccia. Inconfondibile. Lampo e tuono. La Roma ha segnato 5 volte e lui ha ripreso quota. Contro la Lazio ha firmato il 6° gol in questo torneo, il 7° stagionale, miglior marcatore giallorosso con Pjanic. In 16 partite ha già realizzato le stesse reti di un anno fa, quando ne giocò 34. Il gol a Marchetti, dopo il solito scatto. Da Freccia Nera.