Lo Stato finalmente dà regole allo stadio
07/11/2015 17:53
LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Le curve e i tifosi hanno spesso fatto notizia nella storia dei derby: per il colore e la straordinaria partecipazione — il più bel derby d’Italia sotto questo punto di vista — o viceversa per manifestazioni di inciviltà e violenza. Stavolta siamo all’opposto le curve fanno notizia per la loro assenza, per le file di posti che i tifosi lasceranno vuoti.
Chi vuole protestare e non vuole andare padronissimo, si spera che chi vuole entrare possa farlo altrettanto liberamente e che la democratica protesta non sia gestita dai soliti capibastone. Per la prima volta assistiamo a uno Stato che alla legge della curva risponde fermissimo, tramite il prefetto di Roma Franco Gabrielli, «manco mezzo passo indietro».
Per la prima volta, almeno nella capitale, lo Stato decide di entrare in curva, metterci le sue regole, le sue divisioni, annuncia che la radicalizzazione dello scontro porterà a curve vuote per sempre, se serve.
Non accetterà più che in settori dove devono stare 8mila persone ce ne stiano 12mila. Non accetterà che si impieghino 1700 agenti per il servizio di sicurezza di una partita, con costi insopportabili e immorali.
Non solo bacchetta le società che hanno ceduto passo al ricatto e che tramite la “telefonatina” hanno cercato di far ammorbidire le misure. Non è bello un derby con le curve vuote ma sono altrettanto orrendi i derby dove si calpesta la civiltà. E ormai ne abbiamo contati troppi: finalmente qualcosa si muove.