31/01/2016 15:05
«E il tacco e la punta». Quante volte Spalletti avrà ripensato a quella conferenza stampa fiume che nel 2009 lo allontanò dalla panchina della Roma, si chiede il quotidiano nella sua edizione odierna. «E il tacco» stavolta lo ha salvato. E il tacco stavolta ha presentato al mondo giallorosso El Shaarawy, la cresta che ha preferito abbandonare quel mondo dorato che è Montecarlo e tuffarsi in quella fossa dei leoni che non è più Milano, è Roma e basta. Spalletti gli aveva chiesto di coprire buona parte della fascia sinistra, diciamo almeno trequarti. Ma senza il genio, l’applicazione non l’avrebbero applaudita in molti. Senza la follia che è stata quel tacco, buono per spiegare alla perfezione tutto il mondo Roma: giocatori bloccati di testa, passaggi a 5 metri invece che a 20, scarico al compagno invece che il tiro in porta. Serviva una scintilla. Una giocata fuori dagli schemi per rompere uno schema di una squadra schiava di se stessa. Quel tacco è il colpo di uno con la testa libera, senza il pregresso di una schiena pesante per due mesi di fischi subiti dalla propria gente. È il genio di un calciatore che il colpo ce l’ha in canna e lo spara, senza paura di quello che sarebbe successo in caso di insuccesso. El Shaarawy, per una sera almeno è stato il condottiero a cui si è aggrappata la Roma tutta. «Ci ho provato, è andata bene, indimenticabile. È una gran bella soddisfazione iniziare così – ha commentato Elsha –. Dove l’ho visto fare? Beh, mi sono allenato a lungo con Ibra al Milan, qualcosa ho imparato...».
(gasport)