11/01/2016 13:09
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Pallotta, anche se distante almeno un oceano, fa finalmente sentire la sua presenza: tutta la Roma, nessuna componente esclusa, finisce in freezer. Semplicemente congelata. Cioè in attesa di giudizio. Che non sarà universale, ma comunque definitivo. Rischiano in tanti, comprese quelle figure finora risparmiate solo perché chiamate a ricoprire ruoli strategici. Alcune decisioni potrebbero essere prese anche nelle prossime ore, altre a fine stagione. La bocciatura dell’attuale struttura è nell’aria e pochi hanno la certezza di salvare il posto. Il più vicino alla porta è ovviamente l’allenatore. «Garcia non si tocca» non l’ha mai detto nessuno a Trigoria. Il presidente non ha dato il permesso ai suoi dirigenti di difenderlo in pubblico, pure se loro hanno trovato il modo di diffondere lo stesso la conferma del tecnico attraverso qualche canale informale. Senza alcun risultato. Nessuno ha creduto a loro e a qualche trombettiere svociato. Nè i giocatori, nè i tifosi. E nemmeno il francese. Che, dovendo scegliere un obiettivo per l’attacco frontale dopo il pari di sabato sera con il Milan, ha puntato al bersaglio più grosso e al tempo stesso più scomodo. Mirino sul preparatore atletico Norman che è stato scelto dalla proprietà. La raffica premeditata gli sarà fatale.
NOTTE TRAVAGLIATA La Roma ha tolto il sonno a Pallotta. Che non ha dormito e, di prima mattina, ha subito replicato duramente a Garcia. Non gli ha perdonato lo spargimento di veleno sul fedelissimo Norman: «La Roma è preparata bene, ma non sa più vincere. Manca la mentalità» la presa di posizione del presidente che ha già deligittimato il dipendente a giugno nonostante il 2° posto, scaricato a dicembre dopo la qualificazioni agli ottavi di Champions e affondato a gennaio al termine del girone d’andata. Baldissoni si è arreso, Sabatini ancora no. Se il dg non si oppone più all’esonero, il ds prende tempo e guarda al futuro: De Rossi senior traghettatore (o Leonardo) e Conte a giugno. La situazione, almeno da Boston, è più chiara di quanto lo sia a Roma. Dove ognuno va per conto suo e pensa a se stesso. In campo e in ufficio.
SUBITO A RAPPORTO Baldissoni è volato a Miami. Pallotta gli chiederà spiegazioni sul flop. Lo ha già fatto, ieri nel primo pomeriggio, con Sabatini, presenti Zanzi, Massara e l’interprete Bisceglia. La solita conference call dallo studio Tonucci dove il ds, nella sua camera con vista, smonta e ricostruisce la Roma, gelosissimo del giocattolo sul quale nessuno, a cominciare dal tecnico, deve mettere mano. Nella domenica di festa ha contattato gli amici procuratori. Che non tradisce mai. Ha discusso con loro di Sampaoli: il ct del Cile, in vacanza proprio a Miami e sotto contratto fino al 2018, ha provato a liberarsi, pagando 350 mila dollari. Niente da fare: la clausola è di 6,5 milioni. Oggi sarà con la famiglia a Zurigo (sfida Guardiola e Luis Enrique per essere il 1° al mondo). Ma il presidente non si fida più. Così svicola, pure su Bielsa, e insiste, spinto dal braccio destro Zecca, per Spalletti (contratto da 2 anni e mezzo) che ha già detto sì. Tecnico scomodo, però, per Baldissoni e Sabatini. Pallotta affronterà oggi la questione con il dg. Per averlo in panchina all’Olimpico domenica contro il Verona.
GERSON VERSO LA ROTTURA «Se vivessi a Roma, le cose andrebbero meglio». Il conto del presidente, da presentare a chi ha governato a Trigoria in questi anni, sarà presentato nei dettagli e nelle cifre. Che non sono solo economiche. Pallotta ha capito di essersi affidato allo staff sbagliato. Sono 5 i motivi che inchiodano l’attuale management e: 1) i risultati, considerando le spese: il 5° posto a 7 punti dal Napoli primo è inaccettabile; 2) le operazioni di mercato degli ultimi 2 anni non lo hanno convinto: non bastano più le plusvalenze, anche perché la Roma, pur pagando ingaggi da top club, peggiora invece di migliorare (a proposito: il papà di Gerson già pensa di portarsi via il figlio...); 3) i rapporti fiacchi con le istituzioni: l’appuntamento solo annunciato e non fissato con il Prefetto ha esposto lui e la società a una figuraccia senza uguali che ha fatto il giro del pianeta; 4) le presenze all’Olimpico (-39 per cento) certificano il calo di passione: la gente che non condivide le strategie del club; 5) i report superficiali e annacquati sulla Roma: non è vero che tutto va bene a Trigoria, come spesso gli è stato raccontato: la squadra non è così forte e la stessa società come immagine non ha acquistato potere. Basta e avanza per il repulisti.