18/02/2016 13:23
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Un po' paradossale ma in fondo molto onesto. L'Olimpico ha fischiato la Roma nel giorno in cui si è qualificata agli ottavi con un misero pareggio contro il Bate e l'ha applaudita convinta nella serata che le toglie probabilmente ogni speranza in Champions per quest'anno: ma la sconfitta col Real è immeritata e il sostegno di uno stadio finalmente pieno è il giusto premio all'impegno. Spalletti si tiene stretta la prestazione e la ritrovata sintonia con il pubblico, ma rispetto ai romanisti è forse il più deluso. «Loro sono abituati a vedere grandi calciatori e belle partite - spiega l'allenatore - e sanno benissimo quando fischiare e quando applaudire. Stavolta hanno riconosciuto lo sforzo dei ragazzi e la loro sfortuna. Non abbiamo avuto paura, i presupposti per fare un risultato diverso si erano creati, loro quando gli concedi un metro lo fanno diventare un chilometro. Noi invece non siamo stati altrettanto bravi a concretizzare le occasioni».
Il clima generale è di soddisfazione, quasi un sollievo rispetto a come poteva finire. Spalletti no, era convinto davvero di avere il 50% di possibilità di qualificarsi ed è ovvio che ora sia rammaricato e non riesca a godersi affondo i buoni segnali venuti dal campo. «Cerco sempre di essere leale con i ragazzi - prosegue il toscano - se gli dici le bugie se ne accorgono. Secondo me avevamo realmente delle chance che non abbiamo sfruttato, sono opportunità che non ricapitano facilmente, ci vorrà del tempo. Quindi sono molto amareggiato, ma non dalla prestazione: la squadra ha fatto diverse cose bene». Poi qualche critica per cercare di costruire ancora sulle basi di una sconfitta. «Nel primo tempo avevamo la possibilità di tenere il pallino in mano e farli correre un po', purtroppo non ci siamo riusciti, però non abbiamo fatto tirare in porta il Real. Nella ripresa a loro è bastato passare in vantaggio, si sono messi ad aspettare che si aprissero gli spazi e c'era il pericolo che facessero gol ogni volta come poi è successo sul 2-0. Se la partita si mette in questo modo, la vince sempre il Real. Un problema che abbiamo è quello di retrocedere troppo come in occasione del secondo gol, siamo un po' timorosi: a volte rimaniamo "bassi" con il centrocampo, sono molte le cose da migliorare e c'è preso il vizio di pensare di non farcela».
Poi, con un'onestà intellettuale superiore alla media nel calcio, Spalletti non usa l'alibi degli errori arbitrali decisivi. «Questo direttore di gara l'ho avuto anche con lo Zenit e mi sembra bravo. Non so se ci fosse rigore per noi e non mi interessa: è una cosa che non posso controllare». L'allenatore non ammette scuse, neppure per la condizione atletica. «Se ai giocatori gli si va a toccare il piano fisico è come se venisse concesso loro l'alibi, io ai miei che non ce la fanno e che sono inferiori all'avversario non glielo posso dire. Poi è chiaro che c'è da fare ancora tanto. Ma io devo parlare di tattica».
La sorpresa nella formazione è stata la bocciatura di Dzeko. «Quando perdo vi do sempre ragione - dice ironicamente il tecnico - ma io l'avevo preparata a casa da prima di arrivare alla Roma e avevo deciso di giocare così. Con Dzeko forse sarebbe stato ancora più difficile provare a gestire il pallone, quando è entrato ha fatto bene. Tre partite senza un ammonito? Se ti senti in partita ti innervosisci meno e non sei sguaiato quando ti capita la situazione avversa. Cresce l'autostima e per questo mi dispiace che sia finita con un risultato del genere: poteva venire fuori uno slancio fondamentale per noi. Abbiamo creato più occasioni di loro e concesso meno di quel metro che ci siamo guadagnati. Però abbiamo perso». Il vero salto in avanti della Roma, in fondo, è racchiuso nell'insoddisfazione di Spalletti.