09/03/2016 13:50
Se per quattro volte, sullo 0-0, metti l’uomo davanti al portiere e non ne ricavi nulla, è inevitabile che su di te si abbatta la vecchia regola del «gol sbagliato gol subito». Real-Roma è racchiusa qui. Rimontare una sconfitta per 0-2 in casa all’andata rappresenta una specie di scalata dell’Everest, eppure al Bernabeu il treno della storia è passato per ben quattro volte, e la Roma mai è riuscita a prenderlo. Il Real non ha potuto esimersi dal punire tanta beneficenza, ma questo è il classico caso in cui non bisogna fermarsi al risultato. In quanto a gioco e organizzazione meglio la Roma. Le merengues restano un meraviglioso album di figurine.
Di tutti il più colpevole è sembrato Dzeko, che verso il quarto d’ora, con la porta spalancata davanti a sé, ha spedito la palla in curva. Il bosnico è recidivo: ricordate l’erroraccio col Palermo? Sul secondo gradino del podio, Salah: per due volte faccia a faccia con Keylor Navas, per due volte tiri fuori. L’egiziano però ha l’attenuante del grande lavoro in corsia, per un tempo le sue accelerazioni hanno squassato il fianco sinistro del Real. L’ultima chance se l’è divorata Manolas, ma il greco è un difensore. Come se non bastasse, verso la fine e già sul 2-0, un palo ha negato a Perotti il gol dell’onore.
Eppure Spalletti la partita l’ha preparata bene. Assetto iper-offensivo, ma con giudizio, grazie allo spirito di sacrificio di tutti. Consapevole della superiorità tecnica del Real, il tecnico ha cercato di tenerli lontani dall’area. Chiaro l’obiettivo, andare alla ricerca della ripartenza. E il piano per un’ora è riuscito, perché al conto delle occasioni buttate va aggiunto un mancato assist di Salah a Perotti. La Roma per 90 minuti è stata «corta», il che significa compattezza, unità di intenti, collaborazione. Casomai si può sindacare sulla mentalità, qualcuno ha mostrato il braccino e ha sofferto la scenografia del Bernabeu.
Si è notata la diversità tra una squadra organizzata, come la Roma, e un assembramento di campioni, come il Real. E' significativo che il tendone del circo Madrid lo abbia sorretto un brasiliano anomalo come Casemiro, «cagnaccio» che ieri sera braccava qualunque romanista osasse avventurarsi sulla trequarti. In un calcio iper-organizzato come quello del Duemila, è difficile immaginare che il Real possa arrivare alla finale di San Siro.
(gasport)