13/03/2016 13:15
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Da Empoli a Udine, le «sue» città che lo hanno fatto diventare grande. Spalletti torna ad affrontare con la Roma una squadra che lui portò fino ai preliminari di Champions e ora ritrova una situazione ben diversa. Di meglio c’è solo lo stadio, la nuova Dacia Arena che dopo lo Juventus Stadium contribuisce a dare un’«abbellita» al campionato rimasto decenni indietro. Ma l’Udinese, nel frattempo, si è persa per strada e oggi pomeriggio sfiderà i giallorossi con la forza della disperazione, reduce dal ritiro forzato, con un Colantuono all’ultima spiaggia («lo teniamo solo per mancanza di alternative» ha detto Pozzo) e i tifosi di curva che lasceranno i colorati seggiolini vuoti nel primo quarto d’ora della partita.
Non le migliori condizioni ambientali, insomma, per una Roma che lo stesso Spalletti ha rimproverato duramente dopo il ko di Madrid. «Con quel discorso - spiega l’allenatore - volevo spiegare che deve essere più forte il dispiacere della sconfitta piuttosto che la consolazione dei complimenti per la prestazione. Loro sono il Real, ma bisognava affrontarli pensando di dover vincere perché era la scorciatoia per arrivare in alto». I tanti gol sbagliati non lo hanno permesso, «ma i discorsi su chi doveva spaccare la porta mi piacciono poco. Siete voi - dice Spalletti rivolto ai giornalisti - a spaccare la squadra quando dite che questo non deve più giocare. È un discorso mentale, non siamo stati cattivi. Alcuni ragazzi dicevano: "Abbiamo avuto dieci occasioni, più di così", e non erano quelli che le hanno sbagliate. Così sembra di voler andare a trovare il colpevole». In molti l’hanno indicato in Dzeko e Spalletti trova subito la soluzione: farlo partire di nuovo titolare con l’Udinese per sfruttare la sua rabbia. «Edin gioca - annuncia il tecnico - la sua reazione me l’avete preparata voi con tutto quello che gli avete detto». A Spalletti non sono piaciuti soprattutto i paragoni con Totti, «e ora mi aspetto che Dzeko venga a pregarmi per riavere la maglia, il regalo più grande che posso fargli. Attraverso la forza, il calciatore e l’uomo che è farà vedere le sue vere qualità». Stavolta preferisce non rispondere alla Sensi, l’ultima ad aggiungersi al coro dei critici per la «gestione strana di Totti». «In molti hanno interesse a dire la propria ma io non mi metto a dare diecimila spiegazioni a tutti. Dalla mia posizione ho possibilità di valutazione superiore e devo essere coerente con il mio pensiero riguardo la gestione calcistica di questo momento di Francesco».
Il futuro del capitano resta in bilico, mentre quello di Sabatini sembra ormai deciso: addio in estate dopo aver realizzato le ultime plusvalenze necessarie ad aggiustare i conti. Spalletti, però, continua a mettersi pubblicamente in bilico, a battere forte il martello per stimolare l’intera Roma. «Siamo tutti Sabatini, deve essere così, abbiamo bisogno di un risultato per guardare al futuro. Queste dieci partite finali possono cambiare molto e nessuno deve sentirsi tranquillo». Da quando c’è lui in panchina sono aumenti i falli commessi, «segno che cerchiamo più spesso di riprendere la palla. Però a Madrid gliel’abbiamo ridata troppo facilmente e non va bene». Potrebbe aiutarlo molto in tal senso il recupero di Strootman, che scalpita in panchina. «Sta migliorando ed è pronto per essere utilizzato, non so se già con l’Udinese o dalla prossima: i tempi vanno valutati, i modi sono pronti». L’acquisto più importante per la volata Champions è in rampa di lancio.