23/03/2016 13:05
Il centrocampista della Roma e della nazionale belga Radja Nainggolan ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano sportivo. Il giocatore, in ritiro con la sua nazionale, si trovava in Belgio durante gli attentati che ieri hanno sconvolto Bruxelles e l'Europa. Queste le sue parole: «Sto bene, per fortuna sono ad Anversa, a Bruxelles non sono mai arrivato. Dovevo andarci stamattina (ieri, ndr), poi è scoppiato il caos. Si respira paura pure qui, i telefoni sono fuori causa, gli spostamenti sono impossibili».
Che cosa le passa per la testa?
«Che se non avessi avuto un impegno con il mio sponsor, avrei potuto trovarmi all’aeroporto di Zaventem anch’io, stamattina. Sì, perché proprio a causa dell’evento a cui dovevo partecipare sono arrivato un giorno prima in Belgio, ma ad Anversa. Altrimenti, avrei preso un volo di mattina da Roma e sarei atterrato direttamente a Bruxelles. Il ritiro era fissato alle 12, proprio nell’albergo di fronte all’aeroporto. Invece è cambiato tutto, ci è stato comunicato che l’allenamento del pomeriggio sarebbe saltato, che il ritiro era sospeso fino a nuove ordine».
Qual è stato il primo pensiero appena saputo dell’attacco terroristico?
«Dopo le esplosioni di Zaventem mi sono detto “qui ora arriva pure la seconda e la terza”. Non mi sbagliavo. Il mio timore era che potessero colpire Anversa (dove è cresciuto, ndr): la città è grande, la più importante del Belgio insieme a Bruxelles, avevo paura che potesse esser presa di mira dai terroristi».
Che cosa può fare il calcio? Che cosa deve fare Nainggolan?
«Difficile rispondere, perché sono combattuto tra l’amore per il calcio e la sicurezza della gente. Mi piace giocare, non so stare senza. Ma vorrei non ci fossero rischi».
L’Europeo a porte chiuse è una soluzione?
«Sarebbe triste. Quello dev’essere un evento globale, visto e seguito da tutti. Con gli stadi vuoti non sarebbe la stessa cosa, non sarebbe un messaggio di pace».
(gasport)