20/03/2016 13:46
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Mancini fa sentire la Roma improvvisamente stanca di arrampicarsi verso l’alto. La rimpicciolisce per un’ora ma non si avvicina. Ne soffre il veemente rigurgito d’orgoglio, ringrazia Dzeko che invece di mandare in rete la palla dell’1-1, solo lui sa come, la spedisce in Vaticano (a quel punto sembrava che il destino avesse già detto la sua) e alla fine, in mischia, subisce il pareggio di Nainggolan. L’Inter tocca le fragilità momentanee (ma su cui riflettere) di una squadra che improvvisamente si accorge di avere in campo tre, quattro, forse cinque dei suoi elementi più importanti in uno stato d’entusiasmo sofferente, che è una di quelle condizioni psico-fisiche ingannevoli, pericolose, perché non ti fa tenere conto della spesa energetica effettuata per confezionare otto vittorie consecutive. Lo si è visto dai tanti errori di misura, dalle palle perse, dal mancato contatto visivo dei giocatori di Spalletti in più di un’occasione. La nona vittoria giallorossa non è arrivata. Al suo posto si stava materializzando una sconfitta che la Roma ha evitato grazie al suo aritmico, concitato e generosissimo finale, dove nessuno era lucido abbastanza ma dove tutti ansimavano di rabbia. E se Dzeko fosse stato meno grosso, forse il tiro di Salah che va a sbattere proprio sul bosniaco a tempo scaduto e ad Handanovic battuto avrebbe capovolto la storia della serata.
Giusto il pari però. Inter furba che esce dai primi minuti di confusione con grande saggezza tattica. Roma lunga e con qualche dubbio in più nella testa ma capace di un travolgente ultimo quarto d’ora che strappa il sorriso all’Olimpico. Per ritrovare la sua Inter “fisica”, a Mancini serviva bloccare Keita con i movimenti razionali delle sue “punte”, occorreva l’intelligenza di Brozovic per rendere opaco Pjanic e il Nagatomo dell’andata per innervosire Salah. Quanto a Perotti, l’argentino era già stremato nel secondo tempo di Udine: è un miracolo che giochi sempre e comunque (ma perde il pallone che porterà all’1-0 interista di Perisic a inizio secondo tempo). Si era partiti con l’idea che per l’Inter fosse l’ultima spiaggia, abbiamo finito con la Roma che fa festa per aver smesso di vincere. I giallorossi hanno accumulato soddisfazioni e fatica e non è detto che le prime riescano sempre a prevalere sulla seconda. La Roma parte con passaggi violenti e corti, ruba palla, fa densità. L’Inter aspetta lo spazio per la ripartenza, da affidare a Biabiany o Perisic.
La Roma ha un dinamismo, soprattutto nel recupero palla, che l’Inter fatica a contenere. Ma le parti s’invertiranno. La prima volta in cui i giallorossi ripiegano male senza pressione sui trequartisti, Perisic crossa a pochi metri da Szczesny (19’). Lì si apre un’altra porta. Mancini sa che dalla parte di Florenzi si può sfondare. L’Inter prende spazio, Florenzi prende paura, perdendo troppi palloni la Roma innesca la miccia dell’ottimismo negli avversari. Fisicamente l’Inter è più presente sui contrasti. Fulmine Handanovic che si accartoccia su una mezza girata di El Shaarawy (40’). La Roma può esibirsi solo ad alte velocità ma otto vittorie lasciano segni che restano invisibili finché non ti trovi di fronte una tua pari, una squadra di personalità, che rende impossibile la nona vittoria consecutiva. Il castigo arriva nel secondo tempo, complici Florenzi e Perotti, da quella parte la Roma sbanda, Perisic s’infila, Brozovic lo vede, non c’è nessuno, Florenzi è lontano. Roma sotto. Entra Dzeko, di testa va vicino al pareggio (c’è deviazione di Miranda con la mano, era rigore). Poi ne combina di tutti i colori. L’assedio si conclude con la zampata di Nainggolan.