19/03/2016 13:53
IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Per una volta, il gioco di parole che lo vede normalmente maestro, non gli è riuscito al meglio. Strano per Spalletti che da quando è tornato a Roma spesso e volentieri ha incantato tutti per chiarezza ed eloquenza. Eppure ieri non ha convinto del tutto. A partire dall’annosa querelle sul rinnovo di Totti. La domanda è pertinente: la comunicazione di Pallotta è un po’ destabilizzante per lei che si ritrova a gestire il giocatore e l'ambiente Roma? La risposta un po’ meno: «Il metodo giusto non è andare sempre alla ricerca di un'opinione in più o andare a sentire qualsiasi persona voglia parlare di Francesco. Secondo me è giusto fare schermo e dare il tempo per far finire di parlare le componenti fondamentali di questa questione, cioè Totti e il presidente». Si fosse fermato qui, sarebbe stato perfetto. Il riferimento agli innumerevoli interventi di calciatori, politici, allenatori, personaggi dello spettacolo e di spicco dello sport, era stato mirato e aveva colto nel segno. Poi però Lucio ha continuato, perdendosi un poco: «Il metodo giusto è che si incontrino, si parlino e che prendano poi una decisione. E che sia una scelta che li renda felici, della quale noi dobbiamo prendere atto. Lo hanno fatto? E lei come fa a sapere cosa si sono detti? Glielo hanno raccontato. E le raccontano quello che gli pare». Probabile che spesso accada così. Ma stavolta è differente. Perché per una volta c’è poco da raccontare, visto che i diretti interessati hanno parlato pubblicamente. Prima Totti al Tg 1 e poi soprattutto Pallotta nella conferenza dell’altro giorno: «Sui pareri detti a Boston, lo chieda al presidente – si difende il tecnico - Dico soltanto che loro si debbono incontrare per approfondire questa questione». Il problema è che l’incontro c’è già stato. Tra l’altro Totti era convinto che ce ne sarebbe stato anche un secondo, prima della partenza per Madrid, che invece è sfumato.
OBIETTIVO DICHIARATO Dopo aver svicolato sull’accostamento alla Nazionale («Se è un complimento, me lo prendo») e messo l’accento sulle parole del Prefetto Gabrielli («Bisogna saper cogliere certe aperture, c’è buon senso da parte di chi comanda») anche la dichiarazione rilasciata su Thohir è abbastanza criptica. Forse è soltanto una battuta uscita male. Oppure, come trapela da Trigoria, un modo per stuzzicare Mancini che ha provato a mettere pressione sulla Roma. Di certo, le sue parole non sono state gradite dall’Inter: «Questa partita è fondamentale per noi, il terzo posto è l’obiettivo minimo. A noi ci garbano le pressioni, anzi ce le prendiamo da soli. Probabilmente c'è chi si accontenta e pensa di essere in linea con gli obiettivi pur essendo quinti in classifica. Loro dovevano vincere lo scudetto, Thohir mi sembra contento invece quando gli dicono che è quinto in classifica...». Quale sia stato l’intento, la battuta ci sta. Un po’meno la riflessione su chi doveva vincere lo scudetto, visti i propositi estivi dei giallorossi. Che ora, nonostante le 8 vittorie consecutive, si trovano (ancora) a rincorrere la seconda piazza del Napoli, distante 5 punti. E arrivare secondi o terzi fa tutta la differenza del mondo. Attualmente, classifiche alla mano, la Roma potrebbe incrociare ad agosto una tra Manchester City, Villareal, Porto, Olympiacos, Ajax, Hertha e Nizza (anche se il Lione, in rimonta, è ormai tornato a -1). Non certo una passeggiata di piacere.