07/03/2016 13:39
IL TEMPO (A. AUSTINI) - A Madrid con Totti, Sabatini, Spalletti e la squadra, senza aver sciolto i nodi sul futuro. Pallotta tornerà negli States dopo la gara di Champions e lascerà aperte le questioni più delicate. In realtà era previsto che in questi giorni ne risolvesse solo una, quella legata al capitano, ma servirà ancora del tempo.
La posizione della società è ormai piuttosto chiara: Totti deve passare dal campo alla scrivania al termine di questo campionato per non ritrovarsi a vivere una malinconica stagione in panchina, che striderebbe con la sua carriera da campione. Pallotta e i dirigenti lo hanno fatto capire al numero 10, senza però metterlo di fronte a una decisione già presa a tavolino, come fece ad esempio la Juventus con Del Piero. La loro speranza è che Totti cambi idea e si «rassegni» da solo a cambiare mestiere. Il problema è che lui si sente ancora calciatore e vorrebbe continuare per un ultimo anno. Da qualche giorno, capita l’aria che tira, sta riflettendo. Con amarezza e delusione: preferirebbe che la Roma gli parlasse in modo ancora più netto, anche attraverso Spalletti.
Ma il tecnico, come Pallotta, non intende passare alla storia come l’uomo che ha fatto smettere il giocatore più importante della storia giallorossa. «Francesco è il più forte del nostro dopoguerra - ha ripetuto il toscano alla tv di Trigoria - da lui ho imparato moltissime cose e mi ha aiutato a vincere tre coppe. Spero riesca a chiudere nella maniera più corretta la carriera per quello che gli dice il suo cuore. È una situazione che mi mette in difficoltà perché molti vogliono abbinare la sua situazione alla mia, ma io ho assoluto rispetto per il campione e per l'uomo».
Tradotto: non mi mettete in mezzo. Nell’intervista a Roma Tv scorrono le immagini della vita di Spalletti, compresa quella che ritrae una parete di casa con affisse tante maglie dei suoi giocatori, comprese quelle del capitano in un angolo speciale. «Ho il timore che i "tiratori scelti" diranno: "guarda le maglie di Totti, le ha messe in panchina". Invece gli ho dedicato un posto tutto per lui».
Chissà se lo ritroverà al suo fianco in panchina nel prossimo anno, intanto l’allenatore rivolge un messaggio a Pallotta: «Dovrebbe starci più vicino e a a contatto con noi, così sarebbe più facile prendere il segnale che lui vorrebbe mandare alla squadra: è molto di più di quanto riesce a fare in questo momento. Ha entusiasmo, ci tiene moltissimo alla Roma e vuole vincere». A richiamarlo a Trigoria sono stati però i dirigenti italiani, Sabatini e Baldissoni. E Spalletti ci tiene a sottolinearlo: «Sono i miei amici quotidiani che non cambierei per nessuno. Sono stati cordiali per me, mi hanno fatto un grande regalo perché mi hanno permesso di ritornare a fare l’allenatore della Roma, per cui sono in debito e devo contraccambiare la loro fiducia».
Ristabilita una verità, resta da risolvere in un modo o nell’altro il rapporto tra Sabatini e Pallotta. Saltato l’appuntamento previsto ieri, restano i due giorni della trasferta spagnola per un confronto. Ma non si può affatto escludere che le dimissioni del diesse, tuttora irremovibili, restino anch’esse in sospeso. E nei tre mesi restanti fino a giugno Spalletti (e non solo) avrebbe ancora del tempo utile per provare a convincere il dirigente a rimanere un altro anno.
L’unica «spina» venuta meno riguarda Bruno Conti, che si è accordato con la società per un nuovo incarico da osservatore. Ma di questo non doveva occuparsi Pallotta.