01/03/2016 13:28
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Un martello pneumatico a cui nessuno si può sottrarre. Luciano Spalletti ne ha anche per i tifosi. O meglio, per quella parte di romanisti che continua a disertare lo stadio nelle partite casalinghe e a seguire la squadra solo in trasferta. I motivi sono noti, è una battaglia dei gruppi ultrà contro le misure di sicurezza dell’Olimpico ritenute troppo rigide, ma il tecnico non ci sta e prova a provocarli.
«Se non vanno venerdì allo stadio - dice l’allenatore alla radio ufficiale del club - può nascere qualche dubbio sul fatto che ci sia qualcosa di più importante della Roma per loro, mentre dovrebbe essere importante come la famiglia». Spalletti vuole i tifosi al fianco della squadra perché sa quanto la loro spinta potrebbe risultare decisiva per il piazzamento finale: sette delle restanti undici partite di campionato si giocano all’Olimpico. «Io dico a quelli che evidenziano questo amore profondo per il club che ora devono dimostrarlo».
Ma l’appello del toscano resterà nel vuoto. La Curva ha infatti deciso di proseguire nella protesta e con la Fiorentina resterà a casa, anche se c’è la possibilità di un dietrofront entro il termine della stagione. Quel momento non è ancora arrivato, tantomeno una replica al tecnico. Un messaggio di un singolo tifoso («caro mister ti ringraziamo ma non accettiamo, il nostro amore lo sappiamo noi come lo dimostriamo») ieri ha fatto il giro di tutte le bacheche virtuali ma non rappresenta la posizione della Sud. Ammesso ce ne sia una: sono in tanti ad adeguarsi a questa protesta senza condividerla appieno.
Il «martello» Spalletti sta provando a scardinare anche questo meccanismo, per la gioia di Pallotta che ieri ha ammesso: «Avrei voluto prendere prima Luciano. La curva? Spero torni allo stadio. Noi abbiamo una sorta di compromesso con le istituzioni per farli rientrare». Per ora non basta, anzi, la rabbia degli ultrà è aumentata dopo la conferma delle multe ricevute per il cambio posto nella gara con la Juventus, lievitate da 167 a 250 euro.
La Roma dovrà quindi cavarsela senza la parte più calda del tifo, affidandosi alla carica di un tecnico motivatissimo. Per il presente e il futuro. «Se io rimango alla Roma l’anno prossimo - prosegue il toscano a Radio Rai - voglio avere la possibilità di lottare per lo scudetto. Secondo in classifica ci sono arrivato già diversi volte qui, poi contro il filotto della Juventus di quest’anno non puoi farci niente. Loro hanno dimostrato una grande solidità mentale, la differenza tra un vincitore ipotetico e uno vero è la capacità di mantenere un ordine nella testa».
Nella Capitale non è facile ma Spalletti non vuol sentir parlare di ambiente ostile. «Qui i discorsi sono sempre gli stessi: a Roma non si può lavorare, non si può vincere, etc.. È solo un alibi ed è il nostro nemico numero uno.
Inevitabile un nuovo passaggio sul caso-Totti: «Tra me e lui c'è stato un malinteso che è dispiaciuto ad entrambi. Nei giorni successivi ci siamo chiariti ed è tutto ok. È uno dei calciatori più importanti che ho a disposizione, ma io sono venuto qui per allenare la Roma. Il contratto? Ne parlerà col presidente e io non voglio assolutamente interferire sulla storia di Francesco con la Roma. Mi si deve attribuire solo la gestione di mia competenza degli ultimi 15 giorni».
Finale sul possibile addio di Sabatini: «Prima di tutto, devo pensare a convincere la società che io possa continuare a lavorare qui. Poi vorrei continuare a lavorare con gli attuali dirigenti: Sabatini ha dimostrato di essere tra i più bravi nel suo ruolo e spero rimanga». Se mai il diesse dovesse ritirare le dimissioni, sarà in gran parte merito del martello pneumatico Spalletti.