19/04/2016 22:37
AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) - Era un difensore centrale di stazza, personalità e temperamento, che verso la fine degli Anni 90 divenne capitano dell’Empoli di un certo Luciano Spalletti. Daniele Baldini calciatore lo si ricorda per queste caratteristiche, ma anche per altro. L’episodio del gol fantasma alla Juventus non convalidato all’Empoli dall’arbitro Rodomonti in un incontro di campionato del 19 aprile 1998. Diciotto anni fa, più o meno di questi giorni, si ritrovò nel mezzo dell’azione insieme a Bianconi che, con un colpo di testa, superò Peruzzi. Il fischietto non vide, capitan Baldini – con la maglia numero 5 – cercò di illustrare al fischietto di quanto fosse entrata la sfera. Nulla da fare. I fatti vennero citati ironicamente pure da Elio e le Storie Tese in “Ti amo campionato”. Ma questo è il passato. Il presente si chiama Roma, la Roma, Trigoria. Oggi, e non solo da oggi, a 52 anni, è uno degli uomini di fiducia di Spalletti.
La descrivono come “l’addestratore della difesa”. È corretta come definizione?
“No, non è corretta. Io sono un collaboratore di Luciano, che porta avanti le idee calcistiche di Luciano. Questo. Io e lui ci conosciamo nell'intimo da una vita, ci stimiamo profondamente, ma il mio compito è quello di aiutarlo e assecondarlo per metterlo nelle condizioni di dare il meglio. Lavoriamo sulla difesa, ovviamente, ma ci dedichiamo anche a tutti gli altri aspetti”.
Tra il 2003 e il 2004 ebbe due esperienze da allenatore in prima: all’Empoli e alla Lucchese. Successivamente, poi, decise di defilarsi e di entrare definitivamente nella squadra di Spalletti. porta dietro alcuni rimpianti nella carriera?
“Affatto. È stata una mia scelta quella di fare il secondo. Si tratta di un ruolo in cui riesci ad apprezzare tutto da una prospettiva di retroguardia. Hai senza dubbio minor pressione nell’esercitare la professione, non avendo la responsabilità diretta nelle scelte. Si vive più a lungo e più serenamente…”.
E a Roma come si vive?
“Benissimo, nelle condizioni ideali. Non a caso nel 2009 – quando andammo via dalla Roma in seguito alle dimissioni di Spalletti con la famiglia Sensi – decisi di restare a vivere qui con la mia famiglia”.
Qualche tempo dopo quell’addio, arrivò la chiamata dello Zenit di San Pietroburgo. E la vita cambiò di nuovo.
“Esattamente. Un’esperienza bellissima, quella vissuta in Russia. Sia da un punto di vista sportivo sia da un punto di vista personale. Sono stati cinque anni memorabili, abbiamo avuto la fortuna di vincere e di stabilizzare lo Zenit a livelli alti nel campionato. Prima di noi, avevano vinto due scudetti in ottant’anni di storia. Con noi due titoli e non si sono più allontanati dalle zone di vertice della classifica”.
La differenza sostanziale tra la Roma e lo Zenit?
“Parliamo di mondi calcistici completamente diversi. La struttura Zenit è più piccola di questa presente al centro sportivo “Fulvio Bernardini”, ma allo stesso modo hanno impianti di primo livello. Non a caso sono diventati tra i club più importanti d’Europa”.
Come ha ritrovato Trigoria rispetto al 2008?
“Molto migliorata, sotto tutti i punti di vista. L’organizzazione societaria è diventata capillare in ogni ambito, l’ideale per aiutare la squadra in campo a conquistare risultati di prestigio”.
Sensazioni del suo ritorno?
“Un ritorno voluto, sperato e accolto con grande entusiasmo non appena comunicatoci. Come detto prima, qui a Roma ora c’è tutto, la mia casa, avere la possibilità di lavorare nello stesso ambiente in cui si è scelto di vivere è il massimo”.
Su cosa avete lavorato per migliorare i risultati?
“Dall’inizio, dal primo giorno, abbiamo provato ad alzare l’intensità su tutto ciò che la squadra faceva: motivazione, partecipazione e attenzione. Eravamo sicuri che questo gruppo avesse potenzialità per fare meglio, non ci sbagliavamo. La cosa bella e importante è stata avere la disponibilità totale dei ragazzi, così è stato più semplice rialzare la testa”.
Da ex difensore centrale, che reparto è questo giallorosso composto da Manolas, Ruediger, Zukanovic, Castan e Gyomber?
“Un reparto molto forte, assolutamente da Roma. Tra i migliori in circolazione, senza dubbio alcuno, ma con possibilità di crescere ancora”.
Prima del vostro arrivo la retroguardia romanista era in difficoltà, subiva troppi gol ed era facilmente attaccabile. Poi le cose sono migliorate, gara di Bergamo con l’Atalanta a parte.
“Vero, il primo concetto da trasferire ai ragazzi era quello di inculcare a tutti un unico pensiero. Una linea difensiva è forte se sa muoversi in modo armonico. Ci siamo riusciti, grazie alla loro disponibilità nell’ascoltare i consigli e le indicazioni. Sono calciatori di spessore, giovani, ma con voglia di imparare. E possono migliorare, soprattutto sulla consapevolezza”.
Florenzi terzino come lo giudica?
“È stato scelto per giocare in quella posizione più che altro per esigenze del momento. Si è trattato di un adattamento, che ha però dato buoni frutti”.
Torino, Ventura, quante insidie aspettarsi dalla prossima partita?
“Tante difficoltà e insidie. Giampiero lo conosciamo a fondo, è un maestro di calcio. Spalletti lo considera tra i tecnici più bravi attualmente in circolazione. Si conoscono. Da anni le squadre di Ventura propongono un calcio propositivo, offensivo, di qualità superiore. Lo stesso Conte a Bari ha riproposto certi metodi di lavoro. Dovremo fare una grande prestazione per portare a casa i tre punti e tornare alla vittoria dopo i due pareggi ottenuti nelle sfide contro Bologna e Atalanta”.