25/05/2016 01:36
IL FATTO QUOTIDIANO (S. MELONI) - “Finalmente lo stadio Olimpico pieno? Avete visto, anche con le barriere. Sono felice che sia così. È la dimostrazione che allo stadio si può andare tranquillamente”. Parola di Franco Gabrielli, ex Prefetto di Roma. L’attuale capo della Polizia ha così commentato lo svolgimento della finale di Coppa Italia tra Milan e Juve, puntando ancora una volta il dito nei confronti delle tifoserie capitoline, ree, secondo lo stesso, di rivendicare il “possesso” dello stadio Olimpico con metodi illegali e pretestuosi. Durante la finale, che ha assegnato l’undicesima coccarda tricolore alla Juventus, le due tifoserie si sono rese protagoniste di coreografie e tifo. Con tanto di non rispetto dei posti, stazionamento libero su ballatoi e vie di fuga, utilizzo di artifizi pirotecnici e striscioni affissi laddove, in quest’annata, gli esponenti delle tifoserie romanista e laziale sono stati minacciati, se non propriamente sanzionati, in caso di eguale comportamento.
Inoltre, ci duole ricordare come a Gabrielli sfugga quanto avvenuto in nottata, con l’assalto di un pullman milanista a un noto locale capitolino. Un qualcosa avvenuto senza un logico motivo e che cozza con la “nuova” visione di Roma, una città ormai militarizzata in nome della “safety” tanto richiesta dagli organi di controllo. Da capo della Polizia, dovrebbe probabilmente fornire maggiori spiegazioni in merito. Ci ha invece parlato di quanto il tifo allo stadio sia stato esemplare, omettendo come per juventini e milanisti si trattasse di un’occasione “unica”, non trovandosi di fronte al vero status da check-point di guerra quale l’Olimpico è stato ridotto per tutto il resto dell’anno.
“Per fortuna la cosa nel prossimo campionato non mi riguarderà più direttamente. Mi sconvolge un po’ che nessuno si ricordi com’era prima la situazione. Ho fatto vedere a Pallotta le immagini della Curva Sud prima delle barriere chiedendogli se negli Usa aveva mai visto una cosa del genere. Mi ha detto no”. Oltre a chiedersi come mai se “la cosa non lo riguarderà più direttamente dal prossimo campionato” una domanda sorge spontanea : quali immagini Gabrielli ha mostrato al Presidente Pallotta? Si sente parlare di Curva Sud come di “mostro a tre teste”, citando il Questore di Roma Nicolò D’Angelo, eppure il modo di fare tifo a Roma non si è mai discostato da quello da sempre esistito nel nostro Paese. Anche nelle sue pagine di cronaca nera. Di sicuro possiamo convenire su un punto; prima delle barriere c’era una differenza sostanziale: la gente frequentava lo stadio. Oggi lo diserta. E questo ci sembra un dato di fatto inconfutabile.
A proposito di confronti con l’estero, invitiamo Gabrielli (che di calcio estero, a quanto sembra, è un esperto) a riguardare le immagini della Finale di Coppa di Scozia tra Hibernian e Rangers, con pesanti scontri e invasione di campo nel finale di gara, oppure a mostrare al presidente Pallotta davvero tutte le immagini. Anche quelle del suo Paese, dove il movimento ultras sta prendendo sempre più piede, ricalcando proprio gli atteggiamenti aggregativi e folkloristici che luoghi come la Curva Sud hanno da sempre rappresentato. Ovviamente stando in piedi, usando torce e fumogeni, strumenti di tifo e tutto quello che determinate istituzioni vorrebbero eliminare (in questo video la tifoseria organizzata del Portland.
Ma ciò che necessita una pronta risposta da parte di Gabrielli e delle istituzioni che da mesi tentano di giustificare le misure repressive adottate allo stadio Olimpico, è l’analisi del documento a cui le stesse fanno riferimento per fortificare le proprie tesi. Vale a dire quella Task force per la sicurezza delle manifestazioni sportive risalente alla stagione 2014/2015. L’ex prefetto ha ribadito in più occasioni di “non aver fatto altro che applicare una direttiva del Ministero”. Questa, tuttavia, da pagina 21 parla molto chiaro. Non si fa cenno all’innalzamento di barriere, semmai all’abbattimento delle stesse (sulla base di un percorso già intrapreso in diversi stadi italiani). Per quanto riguarda la riduzione dei settori, se ne parla per quelli che superano le 10.000 unità di capienza (cosa che non riguardava la Sud centrale, la quale contava 7.500 posti prima delle barriere ed era già divisa in due dalla scala gialla centrale voluta dall’ex Prefetto Achille Serra, proprio come richiesto dalla normativa). Nel documento si fa riferimento a “bandoni in materiale incombustibile che impediscono lo stazionamento e il transito delle persone e, nel contempo, arricchiscono l’estetica dello stadio anche a fini commerciali (sponsor)”, e non certo a veri e propri divisori, come quelli istallati all’Olimpico. Inoltre alle pagine 22, 23, 24 si parla chiaramente di “abbattimento di ogni tipo di barriera, anche per rendere più fruibile l’impianto”.
In relazione alla segmentazione dei settori si legge che “deve corrispondere una revisione del piano di afflusso e deflusso”, cosa che a Roma non è avvenuta in alcun modo. Anzi, vanno ricordate situazioni grottesche come quelle di Roma-Siviglia o Roma-Real Madrid, con file pericolosissime per l’incolumità personale, oppure come la gestione dei varchi di pre-filtraggio, fino a qualche mese fa, fosse stata modificata in peggio. Costringendo i titolari di una Curva Sud, ad esempio, ad entrare soltanto dai varchi adibiti per la stessa. Una rigidità che, in un impianto grande e dispersivo come l’Olimpico, concorreva soltanto a creare disagi (ed è stata infatti rivista).
Infine, sempre secondo il documento di cui sopra, anche i club dovrebbero essere consultati. “Tale segmentazione è avviata in via sperimentale, di concerto con le Leghe, negli impianti individuati in base all’interesse manifestato dal club, gestori/licenziatari degli impianti stessi o negli stadi indicati dalle Leghe stesse”. Vista la solerzia con la quale D’Angelo e Gabrielli, in questi mesi, hanno spesso punzecchiato la Roma per la sua poca collaborazione e le sue posizioni avverse alle loro decisioni, ci sentiamo di dire che anche questo punto è stato bellamente ignorato. Di fatto ci troviamo di fronte all’interpretazione “personale” di un documento che dice tutt’altro e che, paradossalmente, andrebbe più d’accordo con la protesta dei tifosi capitolini che con la politica attuata nell’ultimo anno sportivo.
Diciamo che quanto meno ci sarebbero tutti gli elementi perché il Codacons, o qualcun altro, chieda di vederci chiaro. Affinché si riesca a venir a capo di questa situazione serve la collaborazione di tutti. Da che mondo è mondo, esiste il tifo ed esistono i suoi eccessi, che altrove sono puniti senza la demonizzazione di intere tifoserie o interi luoghi d’aggregazione.