08/06/2016 13:37
LA REPUBBLICA (M. PINCI - E. SISTI) - Un sogno lungo un anno, una firma lunga un minuto: «Era quello che desideravo». Per un singolare cortocircuito della storia, Francesco Totti ha firmato nel giorno in cui mamma Roma, la società in cui ha vissuto tutti i suoi 24 anni di carriera, compie 89 anni. Esterno giorno, caldo estivo. Primo piano della palazzina in via Principessa Clotilde, sede istituzionale di “Roma Cares”, una finestra affacciata su Piazza del Popolo. Al tavolo con James Pallotta siede Peter Pan. Da bravo anfitrione il presidente accoglie il campione nel cortile. Prima un abbraccio, poi il “cinque”, poi tutti su in ufficio: Pallotta, il dg Baldissoni, Totti, il fratello Riccardo e il commercialista Leonardi. Gli accordi erano già scritti. Serve solo una penna. C’è pure il fotografo ufficiale, richiamato dalle vacanze per immortalare l’evento. «Totti firma per l’ultima stagione da calciatore », annuncia la Roma, e quella parola, “ultima”, serve forse a non concedere spazio ad altre telenovele: «Non date retta, gioco altri tre anni! », scherza il capitano.
L’accordo effettivamente non è per un anno e nemmeno per i tre della battuta: ma per sette. Uno da calciatore in cui Totti guadagnerà 1,1 milioni più ricchissimi bonus (qualificazione Champions, 2° posto, scudetto) che gli faranno sfiorare i 2 milioni. Sei da direttore tecnico a 600 mila euro. Il capitano vuole restare attaccato alla prima squadra anche dopo aver smesso e quell’incarico è per lui una garanzia, anche se i dettagli del suo futuro dietro la scrivania non sono stati ancora definiti. Appenderà gli scarpini, non il cuore. Per le altre richieste, allungamento del contratto da dirigente e forti percentuali sulla vendita delle maglie n. 10 nell’ultima stagione, non c’è stato nulla da fare.
L’accordo è sbocciato sulle garanzie reciproche. A marzo le due parti parevano inconciliabili. Per avviare la trattativa la Roma ha preteso dal suo simbolo qualcosa di importante: la disponibilità. Disponibilità a parlare pubblicamente quando ce ne sarà bisogno. Disponibilità a sostenere e appoggiare pubblicamente la linea del club e le scelte societarie. Simbolo in campo. Simbolo dopo. In pratica gli hanno chiesto di comportarsi da dirigente anche nell’anno in cui continuerà a indossare i pantaloncini. Con il sì a queste condizioni, Totti ha convinto il club a garantirgli la conferma: più che con i due gol al Torino, più che con quei minuti decisivi contro il Napoli, più che con la dimostrazione di non essere un ciarlatano e quando diceva di sentirsi «ancora un giocatore» non era così tanto per dire: era vero. La Roma ha considerato accettate le proprie richieste quando Totti, il 23 aprile, ha pubblicato un comunicato distensivo sul suo sito. Ieri ha dimostrato di voler restare fedele alla linea del progetto UAA (“Un anno ancora”!), che implica un dare e un avere: «Restando uniti, ritrovando la curva, potremo centrare grandi obiettivi. Il presidente mi ha garantito che farà una grande Roma e io gli ho risposto che vorrei tanto chiudere vincendo il mio secondo scudetto ». Jim a quel punto era una enorme mano tesa da stringere: «Felice per lui, è come Superman». Ma se era così semplice, se tutti sapevano che la felicità era un ragionevole e non troppo distante obiettivo comune, non era meglio evitare il lungo inverno del loro scontento e tutte quelle sgradevoli incomprensioni?