LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Novanta minuti ad agosto possono dirti chi sarai a giugno. Non c’è solo il valore economico della partita, non c’è solo l’ambizione sportiva:
il Porto per Spalletti disegna, a sette giorni appena dall’inizio della stagione ufficiale, le prospettive della Roma. Partecipare o meno alla fase a gironi della Champions League passa da qui, dall’Olimpico. Vinci e hai già vinto, magari poi puoi pure pensare di “regalarti” Borja Valero. Perdi e devi gestire le conseguenze del primo fallimento prima ancora che sia settembre. Ma il pallone ha la forma di un salvadanaio:
la qualificazione garantisce flussi di cassa in entrata per almeno 28 milioni, se tutto andasse male. Anche 35 con un po’ di buona sorte. Precipitare in Europa League fa aprire un paracadute da 11 milioni, ma non evita il fallimento sportivo. E fallire vuol dire indebolirsi anche economicamente. E quindi vendere, se non subito a gennaio, un pezzo pregiato.
La casa sarà un po’ più piena del solito, visto che la curva sud, a sei mesi dall’ultima volta (col Real a febbraio), è di nuovo sold out o quasi. Magari darà una mano a combattere contro un paio di tabù: negli ultimi 6 anni l’unica italiana che ha superato indenne la selezione all’ingresso della Champions League è stato il Milan nel 2013. Hanno fallito Samp e Udinese, Napoli e Lazio. C’è poi quella specie di maledizione che s’è annodata ai destini europei della Roma americana: 7 sconfitte in 15 gare di Champions e soltanto due successi. Tutti all’Olimpico, il fattore su cui prova a puntare
Strootman: «A
verlo pieno renderebbe tutto meno difficile per noi, e più complicato per loro. Sarebbe quasi come giocare in dodici». Dovrà accontentarsi però di 35mila persone, e non solo perché i romani sono ancora in vacanza.