09/09/2016 14:20
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Tutti ne parlano, peccato che in pochi ne sappiano davvero qualcosa. Lo stadio della Roma è un'opera ancora virtuale, eppure da un paio d'anni è argomento di dibattito a tutti i livelli. Passi lo scontro politico, in cui ognuno spara sentenze a seconda della convenienza del momento, e pazienza se poi ci si deve smentire da soli, passi pure la «demolizione» a prescindere di coloro che si sentono esclusi dal business, ma sentir parlare di uno «progetto disegnato da un maniaco sessuale» è davvero troppo. Ecco, ci mancava la provocazione di Vittorio Sgarbi, che non aspettava altro per eleggere la nuova «capra» dell'architettura. «Non capisco come il sindaco di Roma - accusa il critico d'arte - non voglia le Olimpiadi e invece accetti questo stadio di m... fatto da un criminale». E poco importa se quel «criminale» sia l'archistar di fama mondiale Daniel Libeskind, ideatore delle torri da costruire accanto all'impianto sportivo che tanto fanno scandalizzare Sgarbi. Troppo alte, troppe «erette», al punto da richiamare a fantasie sessuali nella testa del buon Vittorio. Uno che, a proposito di maniaci, si è scattato un selfie nudo e l'ha pubblicato in rete. Tra pietosi balletti burocratici, critiche spesso infondate, ignoranza e accuse, a quanto pare James Pallotta non ha perso le speranze: martedì lo aspetta Virginia Raggi per un incontro informale. È il terzo sindaco che il presidente della Roma si ritrova di fronte, forse l'ultimo prima di iniziare costruire lo stadio a Tor di Valle. Sgarbi se ne farà una ragione?