08/10/2016 15:32
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - L'epoca del calcio “immaginifico” tramonta facendo posto a quella delle statistiche all’americana. L’addio di Walter Sabatini è interrotto solo da qualche tiro di sigaretta (altro che smettere di fumare, come chiedeva Pallotta): da oggi sparirà. «Non farò viaggi studio, mi cerco una tana, mi ci chiudo con i pennelli». La sua eredità passa al fedelissimo vice, Ricky Massara, ma a tempo: «Non so che altre valutazioni farà la società». Mentre parla le sue assistenti Alessia, Rosangela, Barbara, Manuela, assistono commosse. «È mancata la convocazione al Circo Massimo e mi ha provocato tristezza cupa», lo scudetto insomma. Si era illuso pure Sabatini, come migliaia di romanisti. E ora saluta: «La proprietà ha altre idee, cerca l’algoritmo vincente. Io sono un etrusco crepuscolare e solitario e credo solo a quello che vedo e sento. A volte sbaglio e prendo Piris, ma l’avere supera il dare». La vulgata vuole che i rapporti tra intuito e scienza naufragarono un anno fa, quando i fedelissimi di Pallotta proposero Magnanelli del Sassuolo con questa premessa: «Sbaglia meno di Strootman». Sabatini se ne va dopo aver scoperto che lo scetticismo alle sue spalle gli impediva di comprare il 20enne Boyé, finito al Torino. Invece ha ancora il 40enne Totti. Era «il sole che tramonta sui tetti di Roma», oggi 5 anni dopo «Totti è allo Zenit. Ma la sua luce abbagliante oscura gli altri. È un tappo che comprime la crescita del gruppo». Ovviamente basta questo a dimenticare che Sabatini a Totti darebbe «il Nobel per la fisica, perché le sue geometrie in campo mettono in discussione Keplero e Copernico».