26/10/2016 00:32
AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) - Non solo vice di Nils Liedholm della Roma 1996-1997 dopo Carlos Bianchi. E nemmeno solo tecnico traghettatore tra Voeller e Delneri in una notte di Madrid di Champions League nel 2004. No, non solo questo. Ezio Sella è stato anche allenatore in seconda del Sassuolo per una ventina di giorni nel febbraio 2014. Lavorò al fianco di Alberto Malesani, ma nel giro di tre settimane i due non riuscirono ad avere fortuna e a dare una svolta alla formazione neroverde, allora impelagata nelle parti basse della classifica. I risultati non arrivarono e il club di Squinzi decise di richiamare Di Francesco ottenendo poi la salvezza a fine stagione, “ma resta il ricordo di un’esperienza bella e importante”, afferma Sella.
Che giorni furono quelli con il Sassuolo?
“Giorni di ricostruzione. La società aveva appena finito il mercato e dalla sessione di riparazione arrivarono nove giocatori. Volevano dare una svolta in tutto e per tutto, la retrocessione era dietro l’angolo. Ma non fu facile. Molti calciatori nuovi non erano in condizione, dato che avevano giocato poco nelle squadre di provenienza. Quindi dovevamo prepararli soprattutto dal punto di vista fisico. E fummo costretti a perdere del tempo in questa direzione. Sul campo, poi, la fortuna non fu dalla nostra parte. Meritavamo di più di quello che raccogliemmo”.
E poi fu richiamato Di Francesco.
“Esattamente. Peccato davvero a non essere riusciti a incidere sui risultati, ma posso dire che piccola parte di merito per la salvezza fu anche nostro. Eusebio si ritrovò alcuni calciatori in condizione e con quelli mantenne la categoria. Riconosco che il nucleo storico dello spogliatoio era particolarmente legato a Di Francesco, forse per quello che i dirigenti tornarono sui loro passi dopo poco meno di un mese”.
In tanti elogiano la struttura societaria messa su da Squinzi. È davvero così organizzato il Sassuolo?
“Sì, assolutamente. Il club ha tante persone che lavorano e lo fanno nel modo più professionale possibile. Le idee dell’allenatore vengono sposate da ogni singolo dipendente…”.
Cioè?
“Si fa in modo che ognuno lavori al meglio per il tecnico, dandogli il supporto necessario per fare bene e mettere in pratica le sue idee. Una filosofia giusta, che adottano i club strutturati. E il Sassuolo lo sta diventando, grazie a un proprietario particolarmente ricco che in questi anni ha rinforzato la rosa con oculatezza, scalando posizioni in Serie A”.
Sassuolo-Roma che partita sarà?
“Una partita aperta, tra due formazioni dal livello tecnico e tattico molto importanti. A mio avviso prevarrà la squadra che riuscirà a sfruttare meglio le ripartenze. Chi giocherà meglio a campo aperto”.
Spalletti e Di Francesco: pregi e difetti?
“Sono entrambi molto bravi nella fase offensiva, le loro squadre danno spettacolo e segnano tanti gol. Non a caso la Roma è il miglior attacco del campionato e lo è stato anche nella scorsa stagione. Però…”.
Però?
“Ovviamente, esponendoti in avanti, dietro lasci qualcosa e queste due squadre a volte subiscono qualche gol di troppo. Per questo, come dicevo prima, in questa gara saranno fondamentali le ripartenze”.
Quando e come ha iniziato a lavorare con Malesani?
“Ci conoscemmo a Coverciano nel 1996, quando entrambi frequentavamo il corso per prendere il patentino di allenatore. Condividevamo la stanza e da lì nacque un rapporto di amicizia e stima. Come finì il master dicemmo che prima o poi uno dei due doveva chiamare l’altro per lavorare insieme. E fu lui a chiamare me, dopo l’addio al Panathinaikos”.
Dove ci fu la famosa conferenza stampa in cui Malesani prese a male parole la stampa greca.
“Vede, purtroppo in tanti pensano ad Alberto per questi aspetti, ma lui è soprattutto un grandissimo allenatore oltre che un uomo dai solidi valori morali e etici. Quindici anni fa stava avanti a tutti. Tante metodologie di lavoro in campo e fuori proposte da lui allora, ora sono di grande attualità. Stando al suo fianco ho avuto modo di accrescere enormemente il mio bagaglio”.
A Malesani è stata mai proposta la Roma?
“Ci fu una chiacchierata nel 2013, quando Zeman stava per essere esonerato, ma poi il discorso non fu più approfondito. Peccato”.