"Vendeva calzini e cinture". Lulic, offese razziste a Ruediger

05/12/2016 14:36

LA REPUBBLICA (M. PINCI) - C'era anche Lulic, mentre i tifosi laziali persi nella retorica pre-derby, paragonavano la sfida alla Roma a «una guerra etnica». Ma quella era retorica, appunto. Quella che invece Senad Lulic s’è concesso a partita finita, con il sangue ancora bollente per la sconfitta è altro. Il suo epitaffio su una giornata da dimenticare per i laziali suonava più o meno così: « fino a due anni fa vendeva calzini e cinture a Stoccarda, ora fa il fenomeno». Abbastanza per far inorridire chi lo ascoltava e in quelle parole avvertiva un riferimento dai contorni razzisti.

Perché ? si sono chiesti tutti. Bisogna tornare a sabato mattina, quando sui tavoli di Formello è finito il quotidiano “Il Tempo” con l’intervista al difensore tedesco, titolata: «Lazio chi? Vinciamo noi». E in cui aggiungeva: «Il loro allenatore non lo conosco». Ai giocatori della Lazio quelle parole non sono piaciute, il primo a esplicitare un certo risentimento era stato il più laziale di tutti, Danilo Cataldi, come avrebbe fatto qualsiasi altro 22enne: su . «Chi ha parlato? Non ti conosciamo...». Schermaglie tradotte poi sul campo: il capannello dopo il gol di , chiuso proprio con l’espulsione di Cataldi, nasce da uno scambio di battute tra difensore romanista e centrocampista laziale, che stava protestando con il quarto uomo. Scambi coloriti colti da , che aveva risposto schizzando con la bottiglietta il rivale.

In nottata aveva aperto il derby l’arresto di un ultrà laziale e la denuncia di altri 4, tutti trovati con mazze e bastoni. Le frasi di Lulic hanno portato però la contesa su un terreno diverso. Anche un dirigente della Lazio, nel tentativo di sdrammatizzare, è scivolato: «Lulic? Con frasi simili Trump ci ha vinto le elezioni». Altro inciampo, come il primo tentativo di rettifica da parte di Lulic: «Anche i bianchi vendono calzini», che pareva esplicitare l’alone razzista. Scontato che il procuratore federale Pecoraro acquisisca le registrazioni per valutarle: se riscontrasse dichiarazioni discriminatorie , Lulic rischierebbe almeno 10 giornate di e 20mila euro di multa (art. 11). A l’episodio lo hanno raccontato appena uscito dallo spogliatoio: dicono abbia sorriso e scosso la testa, senza però buttare nuova benzina sul fuoco. «Sono parole che si commentano da sole», la sintesi del romanista . Sposata da : «Quelle frasi sono un problema per chi le dice». ha affidato ai social un’immagine con il “No to racism” dell’Uefa e la scritta: «Qualcuno dovrebbe imparare queste tre parole». Alla fine però arrivano anche le scuse vere, della Lazio e del giocatore: «Dopo la partita la testa si scalda e si dicono cose che non si dovrebbero dire», il mea culpa - più riuscito - di Lulic. seguito dalla nota della società che «si duole», per quelle frasi e «chiede scusa», per parole «nate dalla concitazione del momento» e «espressione di un derby perso e che ha fatto male ai giocatori». Non solo a quelli della Lazio.