09/01/2017 13:46
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Uno sceglie di fare (attenzione: non di diventare) il portiere per il gusto di avere una maglia di un colore diverso rispetto ai suoi compagni. Oppure perché lui e soltanto lui, entro certi limiti, può toccare il pallone con le mani. Oppure semplicemente per volare. Con il corpo, certo, ma anche con la mente. Il portiere non è un calciatore: è un artista. Ma come: non erano semplicemente dei pazzi? La pazzia, lo racconta la Storia, è parte integrante, se non la base, di tanti geni dell’arte. E là dov’è l’arte, si sa, nulla è impossibile. Anche volare da un palo all’altro per smanacciare un pallone. Un po’ quanto è riuscito a fare, a pochi secondi dal fischio finale di Rizzoli, il polacco Wojciech Szczesny sul quel veleno di Ocampos diretto all’incrocio dei pali. Una paratona; una di quelle che ti ricorderai per tutta la stagione; un’opera d’arte. O no? «Lui è un trequartista», l’ha elogiato Luciano Spalletti, «uno di quelli che hanno l’intuizione giusta, che in qualsiasi momento ti fanno la giocata». Esatto. La regola della parata è (apparentemente) semplice: osservare la partenza del tiro, valutare in meno di un attimo cosa fare e quando farlo (il volo della mente...) e poi muoversi con tutto se stesso verso il pallone. Detto così, tutti potrebbero fare (non diventare...) il portiere. In realtà, la faccenda è un pochino più complicata, perché la tempistica, prima della tecnica, è un puro dono di natura. Sulla tecnica tu puoi lavorare, puoi affinarla, puoi migliorarla; ma l’istinto, la follia sono cose che, come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha non se lo può dare.
FOREVER NIANG Il coraggio di Szczesny, riferito alla paratona di Marassi, è piazzare la manona guantata sotto la traversa e usarla per portare a Roma tre punti. Sbarrando così per la settima volta nel girone d’andata la propria porta. C’era una volta una Roma che beccava quasi sempre almeno un gol a partita; c’è oggi una squadra che nelle ultime cinque partite di campionato ha subìto soltanto due reti, contro la Juventus e contro il Chievo. Il trequartista Szczesny ci ha messo molto del suo per limitare i danni, indossando i panni e i guanti dell’artista anche su quel calcio di rigore neutralizzato all’Olimpico a Niang. Un altro tuffo da tre punti, a (ri)pensarci bene. Un’altra opera d’arte. Londra è ancora lontana; inutile, per ora, fare calcoli e ipotesi. Il futuro è Udine e basta, tutto il resto è noia