Con Nainggolan il tiro da fuori area diventa un vizio
28/02/2017 13:06
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Nella storia di questo campionato resterà scolpita la sberla a 99 chilometri orari con cui Nainggolan ha steso l’Inter e fatto decollare la Roma. Qualcuno ci ha visto persino analogie con la cavalcata-più-cucchiaio firmata 11 anni prima da Totti. Stessa porta, stesso stadio. Differente però la scelta finale: alla finezza del suo capitano, il belga ha preferito l’esplosività del suo tiro. Segno dei tempi. Perché dietro quell’impresa solitaria, quasi eroica, c’è altro. Una nuova arma che la Roma sta affinando settimanalmente, nascosta (ma non troppo) tra i tap-in di Dzeko e le incursioni di Salah: 4 degli ultimi 7 gol realizzati dalla squadra di Spalletti sono arrivati con tiri da fuori area. Contro il Torino, Dzeko e Paredes. A San Siro, prima di tagliare il campo palla al piede, Nainggolan aveva già trovato l’incrocio con un altro schiaffone — un passo fuori area — nel primo tempo.
Una volta era la mossa disperata contro difese arroccate. Oggi una scelta: vuoi mettere l’ebbrezza di pescare l’angolo sotto la traversa da 25 metri? Soprattutto contro le big: non è un caso se la soluzione da lontano aveva già dato soddisfazione — proprio al centrocampista con la cresta — sia contro la Lazio sia contro il Milan, a dicembre. In entrambi i casi una sorta di déjà-vu. Basta riavvolgere il nastro al 25 aprile 2016, giorno di un Roma-Napoli deciso da un ceffone da fuori area di Nainggolan. E forse non è un caso se dopo un anno al ribasso, la soluzione dalla distanza stia tornando di moda: più di 4 reti a settimana arrivano in questo modo, in serie A: continuasse a questi ritmi a fine stagione sarebbero oltre 160. L’importanza del tiro da fuori è un argomento di cui si dibatte pure a Coverciano: per anni l’Inghilterra sembrava la patria unica di questo modo di cercare la porta, grazie a interpreti eccelsi come Gerrard o Lampard. Ora anche da noi i tecnici lavorano sulla situazione di gioco, immaginando movimenti per liberare al tiro i propri centrocampisti, magari meno capaci di un Baggio o di un Di Natale ad arrotare la palla dirigendola all’incrocio, ma prontissimi a rovesciare pallonate verso il portiere avversario sperando che la sorte li aiuti a raggiungere angoli dove quello non potrà arrivare. In Italia, nelle ultime due stagioni, nessuno ha trovato il jolly dalla distanza con la frequenza della squadra di Spalletti: 28 volte in due campionati. L’anno scorso dominò nella classifica di specialità con 18 tentativi riusciti, ma aveva ancora uno dei top di gamma del nostro campionato: quel Miralem Pjanic che oggi si gode la Juventus e che a questo punto della stagione, 12 mesi fa, contava già cinque reti realizzate da lontano. In questa stagione, senza il contributo del bosniaco, la Roma è comunque a quota dieci, come il Napoli e a meno 1 dalla Juventus. Davanti soltanto Bologna e Fiorentina (13), che considerando pure le coppe europee è diventata la squadra più brava nella speciatà del tiro da fuori, arrivando a 19 gol. Insomma, la corsa scudetto passa anche per la capacità di risolvere i problemi con la più imprevedibile delle soluzioni. Curioso che domani la Spalletti corporation debba vedersela in semifinale di coppa Italia con la Lazio, insieme al Pescara la meno brava a calciare da fuori area: un solo gol, addirittura nessuno fino a novembre.
Ronaldinho sosteneva che Del Piero fosse più bravo di lui: «Io so segnare dal limite, ma lui è efficace anche da più lontano»: bastasse questo, Spalletti passerebbe una notte tranquilla.