09/02/2017 16:11
LA STAMPA (I. LOMBARDO) - Un conto è la pagina scritta, un conto è l’audio che inchioda Paolo Berdini alle sue parole e manda al diavolo il suo tentativo disperato di difendersi prima diffamando il cronista poi chiedendo scusa a Virginia Raggi. La giornata più nera della vita di Berdini si chiude a sorpresa con voci sempre più insistenti di una sua cacciata definitiva dal Campidoglio. E’ un giorno che contiene tanti giorni, ieri. Colpi di scena e scelte spiazzanti. Un giorno cominciato con l’incredulità di tutti nel M5S, a partire da Beppe Grillo, e proseguito nel tentativo di capire come uscirne, con una soluzione a tempo, frutto della mediazione del leader, che però si è andata a infrangere contro la registrazione pubblicata sul sito del nostro giornale prima delle otto di sera. «Questo è troppo» è stata la reazione della sindaca, infuriata per i continui riferimenti di Berdini alla sua presunta relazione con l’ex capo della segreteria Salvatore Romeo e alle sue beghe familiari. Raggi, che pure aveva accettato di rifiutare le sue dimissioni «con riserva», ascoltato l’audio, ha preso il telefono e ha chiamato Grillo: «Beppe, hai sentito cosa ha detto? È inaccettabile, una schifezza. Non lo voglio più tra i piedi». Sono frasi troppo forti, dettagliate, quelle di Berdini («sapevo che erano amanti» è la considerazione più lieve dell’assessore), frasi impossibili da recintare in dichiarazioni sfuggite per sbaglio: e così appena Raggi le sente abbandona la grazia e la clemenza con cui aveva deciso di perdonare l’assessore.
Un comportamento all’apparenza misericordioso che nascondeva la verità su un addio semplicemente rinviato. Nel respingere le dimissioni dell’assessore attraverso l’inusuale formula «con riserva» c’era l’esigenza del M5S di prendere tempo, nonostante di Berdini non ne volesse sapere più niente nessuno. Non interessava a Grillo e non interessava alla giunta. Da molto gli altri assessori avevano rotto con lui e, come il leader e tutti i vertici del M5S, spingevano per isolarlo dalle decisioni sullo stadio della Roma, un dossier ormai finito in mano all’avvocato genovese Luca Lanzalone, inviato nella Capitale dal comico.
«Non è che trovi un altro assessore così, in un giorno». È con questa motivazione, espressa dall’entourage M5S e da Raggi, che inizialmente Berdini era diventato un assessore a tempo determinato. Neppure, però, potevi aspettare un mese come è successo dopo l’addio di Marcello Minenna, il super titolare al Bilancio prima vittima eccellente della faida pentastellata in Campidoglio. Proprio con in testa quel divorzio, l’inizio di un domino incontrollato di pasticci, che Grillo e Davide Casaleggio avevano chiesto prudenza a chi a Roma consiglia e supporta Raggi.
Berdini sarebbe andato via, comunque, perché ormai la fiducia era compromessa. Ma al momento opportuno, quando cioè si sarebbero create le condizioni politiche per farlo. Magari proprio sullo stadio o su un altro dei mille problemi di urbanistica della Capitale. L’importante, ed era stata questa l’unica raccomandazione che aveva dato Grillo, «è di avere pronto un sostituto, per evitare quello che è successo con Minenna, stare un mese senza assessore». Una prospettiva nefasta che aveva ben presente anche Casaleggio Jr, costretto a spedire a Roma l’amico imprenditore Massimo Colomban mentre Raggi incassava rifiuti su rifiuti alle offerte per l’assessorato al Bilancio. Per il resto, «fai tu Virginia», le aveva detto il comico durante la telefonata con cui Raggi si era confrontata per la decisione che aveva spiazzato chi avrebbe voluto l’assessore ribelle immediatamente fuori dal Campidoglio. Gli assessori, tutti, anche il suo vecchio amico Luca Bergamo, e i consiglieri, compresi i pasdaran anti-mattone che sullo stadio lo sostenevano. «Non voglio passare da vendicatrice» aveva invece risposto Raggi alla giunta riunita poco prima di incontrare Berdini, inizialmente assieme a Bergamo, e infine da solo per un faccia a faccia difficilissimo.
Appurato che Berdini aveva pronunciato quelle parole consapevolmente, i vertici grillini d’accordo con la sindaca avevano subito approntato una strategia per evitare - inutilmente, si scoprirà dopo- un ulteriore rinculo mediatico. Berdini ha dato prova di essere poco controllabile come parte della squadra di Raggi, «figurarsi - spiegava un assessore con la solita richiesta di anonimato - cosa può dire, una volta fuori, di quello che ha visto qui dentro». Adesso questa potrebbe rivelarsi un’esatta previsione. Non ci resta che aspettare.