24/02/2017 16:04
CORSERA - Riccardo Viola, figlio dell'ex presidente giallorosso Dino Viola, parla del progetto del nuovo stadio della Roma. «Non voglio attaccare l'attuale amministrazione ma una cosa mi fa restare sconcertato: come possiamo essere a questo punto dopo tre anni? - dice Viola, intervistato per l'edizione romana del Corriere della Sera - Dovevano esserci ben altre certezze. Il problema è che questa città ha perso il suo senso di appartenenza e sta perdendo un'occasione dietro l'altra»
Viola torna poi a parlare del progetto proposto dall'"Ingegnere" negli anni '80. «Mio padre propose prima la Magliana e poi la Romanina, che oggi sarebbe come dire Tor Vergata. Iniziarono i problemi e le accuse di essere un palazzinaro, a cui rispose dicendo di essere semmai un ingegnere meccanico. Finì snervato dal sistema. A un certo punto chiese: ditemi voi dove si potrebbe fare. Erano i tempi del Pentapartito, c'erano certe dinamiche e non mi faccia dire altro. Alla fine, insomma, la politica diede lo stop a un'opera che sarebbe stata utile alla collettività. Lo stadio sarebbe stato finanziato principalmente con sponsorizzazioni e abbonamenti pluriennali».
«Si è parlato tanto delle candidature olimpiche. Mi piacerebbe che Roma diventasse una città a vocazione olimpica. Si individuano le priorità dell'impiantistica, si interviene con controlli pubblici sui progetti privati, si legano l'interesse della collettività e quello dell'investitore, si migliora la qualità e la quantità degli impianti. Così un'eventuale nuova candidatura avrebbe una forza immensa: quella di avere già una base importante. Dentro la città c'è una ferita che mi fa particolarmente male: il degrado di Campo Testaccio. Nei miei sogni, recuperato, si chiamerebbe Dino Viola».