Strinati: «Questa tempistica è anomala»

22/02/2017 15:59

IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) - «Questa tempistica della Soprintendenza è un’anomalia». Non usa mezzi termini Claudio Strinati, professore e soprintendente del Polo museale romano per 18 anni. La questione dell’avvio dell’iter da parte della Soprintendenza alle Belle Arti per l’apposizione del vincolo monumentale sull’ippodromo di continua a tenere banco fra studiosi e esperti. «La Soprintendenza avrebbe dovuto muoversi molto prima, sin dal 2014 quando si è iniziato a parlare del progetto Stadio», dice ancora Strinati.

Professore, come spiega questa anomalia?
«Non la spiego. Mi limito a ravvisarla. Capisco che la Soprintendenza si pronuncia nel momento in cui viene interpellata. E lo è stata sin dall’inizio. È all’inizio che avrebbe dovuto parlare chiaro: leggo di “pareri”. La Soprintendenza non emana pareri, ma provvedimenti, che devono essere confermati dal ministro competente. Il parere della Soprintendenza può trasformarsi in vincolo: il vincolo è un decreto. Confesso di non aver seguito questo progetto dello Stadio se non attraverso gli organi di informazione, quindi, non posso esprimere giudizi di merito sul progetto in sé. Ma certo che è assai strana, un’anomalia strana».

A suo giudizio, quale iter avrebbe dovuto seguire la Soprintendenza?
«La Soprintendenza, in questa circostanza, sta mancando alla sua funzione primaria: quella di conoscere i propri beni e il proprio territorio per poter procedere alla loro tutela e valorizzazione. La struttura esiste da oltre 50 anni e da molti anni è in totale stato di degrado e di abbandono. La Soprintendenza ha tutti i poteri per intervenire per tempo: se si riteneva che le tribune di Lafuente fossero state meritevoli di tutela questa doveva avvenire molto tempo fa. Intervenire ora, ribadisco, evidenzia solo una scarsa attenzione che la Soprintendenza ha dedicato a quest’opera. Cui ora cerca, affannosamente, di porre rimedio».

D’accordo, ma ora questa decisione, per quanto intempestiva possa essere e, magari, soggetta a eventuali ricorsi e censure di legge, sortirà comunque degli effetti.
«In un caso come questo, di fronte a un bene che è in questo stato di abbandono, io credo che la Soprintendenza dovrebbe riflettere molto bene prima di apporre un vincolo che, di fatto, si trasformerebbe in un blocco».

Un blocco analogo a quello che grava sullo Stadio Flaminio di Nervi e che sta condannando a una lenta agonia quell’impianto. Per la sua esperienza, esiste un modo per evitare di musealizzare fino a consunzione elementi di architettura, rendendoli fruibili a tutti?
«Credo di sì. Tutto risiede nelle modalità di apposizione dei vincoli. Se il vincolo finisce per mummificare una situazione avremo solo una serie di ruderi che costellano le nostre città. Al contrario, i vincoli devono essere apposti in modo attivo e propositivo: questo può consentire al bene vincolato di continuare a vivere, ad essere utilizzato e apprezzato».

E su questo come potrebbe esplicarsi?
«Ripeto: non conosco, se non per sommi capi, il dossier, quindi non posso entrare in un dettaglio progettuale così specifico. Ma credo che la questione possa essere affrontata in modo da verificare la possibilità di utilizzare magari una piccola porzione delle tribune. Non credo che, vista la loro tecnica edificatoria, sia possibile pensare a uno spostamento delle stesse da qualche parte. Temo che lì sono e lì dovranno restare. Ma vincolare l’intera struttura, considerando, ripeto, il suo attuale stato di forte degradazione, credo sia un errore. Penso che i progettisti possano avanzare un qualche sistema per cercare di riutilizzarne una parte. Certo che, però, in questo caso sarà necessario verificare con attenzione che tipo di vincolo, alla fine, potrebbe venire apposto».