09/03/2017 17:39
IL FATTO QUOTIDIANO (A. GIAMBARTOLOMEI) -E' il 4 agosto scorso. Davanti ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Torino è seduto Alessandro D'Angelo, security manager della Juventus e uomo fidato di Andrea Agnelli. Gli chiedono di un incontro tra il presidente del club e Rocco Dominello, 41enne arrestato il 1 luglio nell'ambito dell'operazione "Alto Piemonte" perché ritenuto esponente del clan Pesce-Bellocco di Rosarno. Secondo gli investigatori Dominello era stato in grado di ottenere buone quantità di biglietti per le partite alimentando così il bagarinaggio e i suoi introiti.
D'ANGELO NON RICORDA incontri, così chiede e ottiene il permesso di telefonare al presidente, senza sapere che il suo telefono è sotto controllo. Parla con Agnelli, neanche lui ricorda con precisione un incontro con Dominello e giudica "impossibile" l'eventualità di aver parlato subito di biglietti e abbonamenti. D'Angelo: "Dice che era la prima volta che ti incontrava, e come se lo avessi combinato io questo incontro..". Agnelli: "No, no, no, mai e poi mai saremmo scesi in quei dettagli lì la prima volta. Impossibile, impossibile. E' impossibile che io non appena ti conosco faccio quei discorsi con te".
Che discorsi? Quello riferito da Dominello nel corso del suo interrogatorio, raccontando un incontro avvenuto tra il 2011 e il 2012: "Un'altra volta D'Angelo mi portò da Agnelli in piazza Cln, forse era la prima volta che lo vedevo. - aveva dichiarato - Su un foglio faceva degli schemi che nemmeno capivo del tutto in cui indicava la possibilità di dare ai gruppi abbonamenti, per cui la partita singola sarebbe anche costata meno". Di incontri riferisce anche un altro tifoso, Fabio Germani, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa: "Di chi parlate alludendo al fatto che andava a parlare con Andrea Agnelli?", gli chiedono nell'interrogatorio del 22 luglio. Lui risponde: "Alludo al fatto che Rocco Dominello andava a parlare con Andrea Agnelli perché lo portava D'Angelo".
Il figlio di Umberto Agnelli nega. "Non ho mai incontrato boss mafiosi", ha scritto martedì su Twitter dopo le parole del procuratore della Figc Giuseppe Pecoraro alla commissione Antimafia. Fatto sta che la Dda di Torino al termine dell'indagine non ha contestato nulla ai manager del club torinese né alla società (che non risulta neanche parte offesa), ci sarebbero soltanto alcuni illeciti sportivi che la procura Figc approfondisce leggendo gli atti e ascoltando alcuni dirigenti. Così nel documento conclusivo scrive che Agnelli avrebbe partecipato "personalmente in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata". Per mantenere l'ordine pubblico nella curva sud dello Juventus Stadium ed evitare multe e sanzioni "non impediva a tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti gruppi ultras', anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata" e autorizzava la fornitura "di dotazioni di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti", violando alcuni commi dell'articolo 12 del codice di giustizia sportiva, ragione per cui la società rischia qualche decina di migliaia di euro di multa, mentre il presidente rischia l'interdizione temporanea dalla carica.