11/03/2017 14:31
IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) - Soprintendenza Belle Arti contro tutti. Per la soprintendente, Margherita Eichberg, lo Stadio della Roma non s'ha da fare proprio. Il parere unico fra tutte le Amministrazioni dello Stato è di «motivato dissenso non ravvisando le condizioni nella sua ammissibilità nel sito proposto». No a ponti, torri, svincoli, sottopassi, allo stadio stesso: l'area è sbagliata e lì semplicemente non si può proprio fare. Vediamo, allora, i motivi di tutti questi «no». In venti pagine a firma Eichberg, la Soprintendenza smonta i capisaldi del progetto: problema archeologico; compatibilità ambientale; interferenze con altre aree tutelate (Tenuta dei Massimi, Valle dei Casali e Villa Doria Pamhilj); alvei dei fossi; ippodromo; torri.
La questione torri, visto il nuovo accordo fra la Raggi e la Roma con cui si depennano dal progetto, è superata. Come la questione vincolo sull'ippodromo, il cui iter è partito ma non è incluso in questo parere. Ad ogni buon conto, torri a parte, le riserve vengono avanzate anche per l'altezza (70 metri) dello Stadio. Capitolo archeologia: scrive la Eichberg che non è stata fatta l'«archeologia preventiva» in un'area «di alto interesse» per la presenza di strade antiche (Ostiense, Campana e Laurentina), siti funerari e complessi abitativi. «Il progetto risulta concepito senza la cognizione effettiva dei valori e delle problematiche legate alla conoscenza del territorio» e «non contiene alcuno studio archeologico se non la relazione della lettura archeologica» dei sondaggi geologici. Dopo una seduta della Conferenza quasi interamente dedicata al problema archeologico, solo a gennaio 2017 si trova un minimo di soluzione per capire chi dovrà fare gli scavi. Saranno i proponenti, ma solo dopo gli espropri. Tutto bloccato quindi, con la Eichberg che alza la voce sostenendo che allora la Conferenza si dovrebbe chiudere.
Niente messa in sicurezza del Fosso del Vallerano: mentre l'Autorità di Bacino del Tevere non vede l'ora, per la Eichberg le opere danneggiano la «morfologia naturale del fosso» e producono «effetti non controllabili che incidono sulla qualità dei suoli». E si scopre che l'Autorita di Bacino deve essersi sbagliata nel negare che a Tor di Valle il Tevere esondi, perché per la Soprintendenza «l'ansa costituisce una fondamentale area di esondazione del fiume Tevere» e, a sostegno, cita il raffronto fra una carta di fine '800 e una del 2000.
Questione paesaggio: «il progetto non risulta conforme alle norme paesaggistiche vigenti». Niente ponte autostradale e le idrovore. Il ponte, approvato e prioritario per il Ministero dei Trasporti, «si situa nel rispetto di un vincolo monumentale», cioè quello della vicina (circa 500 metri in linea d'aria) Villa dei Papi alla Magliana. Si tagliano 1200 alberi e non importa se se ne pianteranno 11mila: l'abbattimento «costituisce una sostanziale alterazione» degli ecosistemi. Anche il sottopasso di via Dasti non si può fare: l'altezza della rampa ha troppo «impatto visivo». Altra opera che va rivista è il ponte pedonale dalla stazione Fs Magliana: è vicino alla fascia di rispetto di alcuni casali. Non dentro, vicino.
E poi c'è la litigata furibonda con la Regione circa norme e procedure: per la Soprintendenza ci sono carenze di notifiche e procedure che ledono i principi di leale collaborazione. Traccia di queste discussioni si trova anche nei verbali della Conferenza di Servizio. «Oltretutto - si lamentano dalla Soprintendenza - i computer in dotazione non permettono di visualizzare bene le tavole» del progetto. Risposta dello Stato: «Il problema di un'Amministrazione obsoleta» è affar vostro; «ogni Ente ha i suoi problemi» e a tutti e stato dato «l'indirizzo internet dove poter visionare tutta la documentazione». Ma a noi, controreplica della Soprintendenza, non arrivano le notifiche di quando vengono caricati i documenti sul sito. «Ogni Amministrazione ha un unico referente - risponde lo Stato - e la Regione sta mandando a tutti senza problema tutte le documentazioni». «Eh ma questo è il paese legale, perché nel paese reale si lavora sulla carta in quanto le connessioni non funzionano», replica la Soprintendenza. E il rappresentante dello Stato esplode: «La legge dice che la carta non si usa più e non si può accettare qualcuno che dice "si ma tanto l'informatica non conta perché noi lavoriamo sulla carta". Nel 2016 non è più così».