30/04/2017 14:30
LA REPUBBLICA (G. CARDONE / M. PINCI) - Già è strano che qualcuno violi il sacro vincolo del pronostico, figuriamoci se a farlo sfacciatamente è il più anziano in gara. «Il derby? Finisce 2-0», dice Totti, senza svelare per chi: ma oggi all’Olimpico gioca in casa la Roma, e allora tanti saluti alla scaramanzia. Come non bastasse la celebrazione a 4 giorni dalla sfida e con una festicciola non proprio sobria (ma la “colpa” è della Nike) della nuova scarpa dorata. Un derby meno romano del solito, se evapora il rito che da sempre fa ripetere “i favoriti sono loro”, per la convinzione ancestrale che il favorito perderà.
Forse distratte dalla caccia al secondo posto e dalla finale di Coppa Italia, Roma e Lazio sembrano vivere questo derby con un certo distacco. O magari è l’abitudine, dopo averne giocati altri tre in questa stagione. Inzaghi quasi spocchioso annuncia: «Siamo in grado di compiere un’altra impresa, che tra l’altro aiuterebbe la Juve a vincere lo scudetto: così giocheremo con i bianconeri anche la Supercoppa», salvo aggiungere che «sarebbe un’impresa, sì, perché la Roma è superiore per fatturato e monte ingaggi». E poi la Lazio, che non l’aveva fatto prima dei due derby di Coppa, ha aperto un allenamento al pubblico a pochi giorni dalla sfida: dov’è finita la tradizione di ripetere ossessivamente le scelte che ti hanno fatto vincere? Ma Inzaghino va a briglia sciolta, visto che non ha fatto nulla per nascondere le prove tattiche con cui ha già svelato la formazione. Altro che pretattica. E se Nainggolan, scottato dall’incauto «li vinciamo tutti e due, fidati», detto a un tifoso prima della Coppa, ricorda che «di sei derby ne ho perso uno solo», vuol dire che il provincialismo denunciato da Crespo («Anziché allo scudetto a Roma si pensa alla stracittadina») è storia vecchia.
Un derby meno derby: Spalletti prova a non pensarci ricordando che «abbiamo in mano la chiave del secondo posto e non dobbiamo scambiarla con chi ci propone altro, per noi è la chiave del paradiso». Tradotto: non soffermiamoci sulla Lazio ma guardiamo oltre, magari alla Juve «che è imprendibile ma non lasceremo nulla di intentato». De Rossi sarà l’unico romano in campo dall’inizio e nei due di Coppa non ce ne fu nemmeno uno. Unici elementi “vintage”: il ritorno dello sponsor degli anni ’80 Sèleco sulle maglie della Lazio (accordo di un anno a 4 mln) e il mix di tifoserie in Tribuna Tevere, fino a qualche anno fa teatro di scontri e oggi motivo di preoccupazione, come la presenza di ultrà stranieri nelle due curve. Ma in generale pure i tifosi - non più di 40mila - sembrano meno vibranti: di laziali ce ne saranno 9mila (erano 20mila i biglietti disponibili), resterà chiuso uno dei settori accanto alla Curva Nord che non sarà nemmeno esaurita. «Mi dispiace, questa squadra merita di avere la propria gente vicino», si lamenta Inzaghi. Magari è colpa dell’orario: sarà la prima alle 12.30, annunciato un caldo bestiale. L’unico motivo per cui i giocatori saranno a dormire in ritiro. Una volta De Rossi confessava: «La notte del derby dormo male». Stanotte sarà stato un angioletto.